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Sport | 11 aprile 2025, 14:39

«Basket e hockey insieme, un “tesoretto” sopra di loro e 10 mila euro a testa: così vince Varese»

Lo sprone di Giacomo Brusa, Founder e CEO di Agricola Home&Garden, sponsor sia di Pallacanestro Varese che dei Mastini, nel momento in cui lo sport di vertice varesino guarda al futuro tra certezze e incertezze: «Polisportiva? Sarebbe un sogno, ma ciò che conta è altro: ogni azienda sana della provincia deve tirare fuori il proprio senso di appartenenza e dare una mano». Ma non ci hanno già provato Varese Nel Cuore e Il Basket Siamo Noi? «Deve cambiare il modello: ci vuole un ente sovra-societario, gestito da professionisti e pronto a creare un vero e proprio marketing territoriale»

«Basket e hockey insieme, un “tesoretto” sopra di loro e 10 mila euro a testa: così vince Varese»

Una polisportiva forse no, anche se rimarrebbe un sogno di molti. 

Ma un fondo, un “salvadanaio” o un "tesoretto", un’associazione, un ente - si può chiamare e strutturare in tanti modi diversi la faccenda - sì. Ciò che conta è che sia un’entità comune alle due realtà sportive varesine più importanti - basket e hockey - sia gestita da uno o più professionisti super partes e serva a raccogliere contributi imprenditoriali da convogliare a caduta in Pallacanestro Varese e Mastini.

Davanti a un caffè, in una stanza del Garden di via Pisna, di tutto questo parla Giacomo Brusa, Founder e CEO di Agricola Home&Garden, punto di riferimento per il Green e l’Outdoor Living cittadino, provinciale e regionale. 

Parla l’imprenditore Giacomo Brusa, consapevole di rappresentare - come ogni business man con una visione che va oltre il proprio orticello - una cattedrale al centro del villaggio, non un’oasi solitaria in mezzo al deserto.

E il tifoso Giacomo Brusa, giocatore di pallacanestro per vent’anni e folgorato sulla via del ghiaccio da quei Mastini dell’altro secolo che vincevano coppe e scudetti. 

Ma anche l’osservatore Giacomo Brusa, con uno sguardo calato su un momento che un comico una volta famoso avrebbe definito “catartico”: da una parte una Pallacanestro Varese alla rincorsa sul parquet di una salvezza difficile, sperato epilogo di una stagione comunque di bassissimo cabotaggio, dilaniata dalla tensione e dall’incertezza; dall’altra i Mastini, che il loro cammino agonistico lo hanno già concluso, “senza tituli” nonostante la fame di chi li ama, intenti a programmare un futuro che un giorno potrebbe diventare troppo grande per la “famiglia” che sono.

Brusa sostiene gli uni e gli altri, è sponsor dei Mastini e della Pallacanestro Varese. In più, con Orgoglio Varese, («grande idea di Rosario Rasizza che mi ha subito conquistato»), finanzia ulteriormente la prima squadra biancorossa ma anche il suo settore giovanile e il basket in carrozzina. Si merita insomma, con i fatti, il “microfono” in mano.

«La visione che ho parte dalla semplice considerazione del ruolo sociale dell’imprenditore. Che si declina in due direzioni: verso i propri dipendenti, che oltre ad avere un posto di lavoro devono poter essere felici e avere una vita migliore grazie all’azienda in cui prestano la propria opera, e verso il territorio, quello grazie al quale io vivo, quello che mi dà da mangiare».

Quello che ti dovrebbe far scattare una molla dentro: «Per senso di responsabilità e per passione, non per esclusivo ritorno - continua Brusa - Sono perfettamente consapevole che se i soldi che do a basket e hockey li investissi con Meta, molto probabilmente avrei un ritorno e una visibilità maggiori. Ma non sono questi i miei primi obiettivi: sostengo le due società perché vorrei vederle in alto e per senso di appartenenza. Lo faccio perché sono felice di contribuire alla passione della gente, perché sono felice di vedere il palazzetto e il palaghiaccio pieni grazie anche al nome della mia impresa».

E ce ne sono altri di Giacomo Brusa, fortunatamente, nella terra dei laghi. Ma - scritto fuori dai denti - non sono abbastanza. Quante imprese varesine fatturano almeno 1 milione di euro, sono sane, hanno lavoro e i bilanci a posto? Non abbiamo un numero da fornire, ma possiamo fare senza timore di errare un sereno spoiler: non sono poche. «Bene: se tutte quelle che rispondono a questi requisiti tirassero fuori 10 mila euro per lo sport varesino, avremmo sia i Mastini che la Pallacanestro Varese ai vertici. Per questo voglio spronare gli imprenditori del territorio: guardiamoci in faccia, agiamo, ci diano una mano anche le associazioni di categoria facendo un appello ai propri associati…».

Un sogno già visto, però, obiettiamo mentre giriamo il cucchiaino. Nel 2010 ci ha provato Varese Nel Cuore, con le aziende. Nel 2016 Il Basket Siamo Noi, con i privati. Il primo è riuscito nell’impresa di mantenere viva la Pallacanestro Varese con esclusive “forze” varesine fino all’avvento dell’era Scola («mi arrabbio quando sento critiche eccessive nei suoi confronti - aggiunge il CEO di Agricola - Benediciamo Toto Bulgheroni che ha avuto l’idea di coinvolgerlo oltre il basket giocato, portandolo a investire: se Luis si stufa, altro che Serie A2…»), il secondo a diventare l’indispensabile motore del social care applicato al club che quest’anno compirà 80 anni di vita. Varese nel Cuore, tuttavia, ha visto contrarsi negli anni il numero degli aderenti, mentre il BSN non ha trovato grande seguito numerico fino a quando si è posto esclusivamente come collettore dei contributi dei tifosi

Quindi, perché riproporre lo stesso schema? Perché questa volta dovrebbe funzionare? Brusa ha la risposta prontissima: «Perché lo schema non deve essere lo stesso, semplice. Innanzitutto il progetto dovrebbe nascere comune sia alla Pallacanestro Varese che ai Mastini, dunque avere un carattere sovra-societario. Una polisportiva? Sarebbe suggestivo, ma tale forma potrebbe incontrare delle difficoltà a partire dal punto di vista giuridico. Ciòche conta è creare un “posto di garanzia” che possa diventare un polo di opportunità per le aziende che vogliono contribuire. E poi deve cambiare la forma di gestione di questa entità. Conosco e stimo tantissimo sia Alberto Castelli che Umberto Argieri, che hanno messo e mettono passione, tempo, anima e voglia per tenere in piedi ciò che hanno creato… Ma lo fanno da volontari, perché non è questo il loro lavoro. C’è bisogno, invece, di un professionista, di qualcuno che si occupi del progetto a tempo pieno…».

«Di qualcuno - prosegue Brusa - che abbia il tempo di andare da tutte le aziende del territorio, che si faccia promotore dell’intera iniziativa, che sappia creare l’engagement, che possa far passare agli imprenditori il giusto messaggio sociale che li convincerebbe a investire. E, da ultimo ma non ultimo, che sappia costruire intorno all’idea complessiva un marketing territoriale convincente, creando sinergie, media kit, pacchetti, scontistiche. Qualcosa che funzioni per davvero. Lo stesso Argieri, se non avesse già un altro lavoro, potrebbe essere la persona giusta, così come Marco Zamberletti».

Caffè finito, sebbene andremmo avanti a parlare per ore dell'argomento. 

Resta il sasso, gettato in uno stagno che si ostina a rimanere placido, come se il futuro - con le sue onde - non lo riguardasse. 

Finché dura...

Fabio Gandini e Andrea Confalonieri

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