Al termine della stagione congressuale che ha visto il rinnovo degli organi dei 19 circoli in cui il Partito Democratico è strutturato in provincia di Cuneo, Mauro Calderoni, 51 anni, sindaco di Saluzzo per due mandati consecutivi e ora consigliere regionale lascia la segreteria provinciale. In quest’ampia intervista gli abbiamo chiesto dello stato di salute del partito, della rottura con Robaldo in Amministrazione provinciale, dell’opposizione alla maggioranza di centrodestra guidata da Cirio in Regione e delle prospettive del centrosinistra sul territorio.
Calderoni, a giorni, dopo tre anni, lascerà la segreteria provinciale del Pd. Che giudizio dà di quest’esperienza? Qualche rammarico?
“È stata un’esperienza impegnativa, ma anche profondamente intensa ed arricchente. In un contesto nazionale e internazionale complesso per le forze progressiste, la comunità democratica provinciale è oggi in salute e in crescita. Siamo arrivati a 19 circoli, con un numero di iscritti in costante aumento, molti dei quali giovani, e questo ci ha permesso di promuovere numerose iniziative sui territori, inclusi quelli più marginali, su temi fondamentali per la qualità della vita delle persone: dalla sanità al welfare, dalle infrastrutture ai trasporti. È un lavoro che ha dato frutti concreti, se pensiamo che il Pd oggi partecipa con ruoli determinanti in 4 delle giunte delle “sette sorelle” ed è presente anche in molti centri più piccoli e nel dibattito mediatico provinciale. Non ho particolari rammarichi: so di lasciare un partito vivo, unito, radicato e in cammino. E questo, per un segretario, è forse il miglior bilancio possibile”.
A succederle sarà Davide Sannazzaro, sindaco di Cavallermaggiore e consigliere provinciale. Anche in questo caso, come già era successo per lei, si va verso un congresso unitario. Il Pd in provincia è davvero unito oppure si è dovuto fare di necessità virtù?
“Direi che l’unità del partito provinciale non è frutto della necessità, ma di una scelta politica consapevole. In questi anni abbiamo lavorato per costruire una comunità democratica più giovane nell’età media degli iscritti e nei vertici dei circoli, solida sotto il profilo finanziario, capillarmente presente non solo nei grandi centri della provincia, ma anche nei territori più marginali. Un partito che ha saputo ritagliarsi un ruolo centrale nell’azione politica provinciale e che è stato costantemente presente nel dibattito pubblico. In questo contesto, la scelta di un congresso unitario rappresenta la naturale evoluzione di un percorso condiviso, che riconosce nella figura di Davide Sannazzaro la sintesi migliore per continuare questo cammino con energia, competenza e radicamento”.
Nel Cuneese, alle elezioni comunali, Pd e centrosinistra ottengono buone affermazioni, come dimostrano le amministrazioni di Cuneo, Alba, Bra e Saluzzo. Poi, alle regionali e alle politiche, il centrodestra prevale alla grande. Come lo spiega?
“È un dato che si ripete con una certa costanza, ma che ha una spiegazione chiara: vinciamo anche in controtendenza rispetto ai sondaggi laddove il sistema elettorale consente di valorizzare la qualità, la competenza e il radicamento delle nostre candidature. Quando le cittadine e i cittadini hanno la possibilità di scegliere persone e progetti legati al territorio, riconoscono il valore del lavoro che il centrosinistra e il Pd sanno esprimere. Diverso è il contesto delle regionali e delle politiche, dove entrano in gioco dinamiche nazionali più polarizzate, che spesso premiano slogan e semplificazioni più che visione e concretezza. Ma proprio per questo è dai territori che vogliamo ripartire, per costruire un’alternativa credibile e forte anche su scala più ampia”.
Dicono che sia stato lei uno dei principali fautori della rottura in Provincia con Robaldo e il suo Patto civico. Cosa risponde? Sicuro di aver fatto la scelta giusta?
“La Nostra Provincia è una lista plurale che rappresenta diverse anime politiche della Granda. Ciò detto sono assolutamente convinto della scelta fatta. Ma va detto con chiarezza che la rottura non l’abbiamo voluta noi: è stato Robaldo a compierla, quando — eletto presidente con i voti degli amministratori di centrosinistra — ha poi deciso di mettersi alla testa di una sedicente lista civica regionale che, nei fatti, ha portato acqua al mulino della destra. A quel punto non poteva più essere il presidente di tutti, perché ha smesso di rappresentare il progetto politico con cui era stato eletto. Il nostro impegno per la Provincia comunque non è venuto meno: continuiamo a offrire proposte, stimoli e anche critiche costruttive, perché alla Granda serve un rilancio vero. Un ente così importante non può appiattirsi sulle logiche di maggioranze regionali e nazionali in evidente difficoltà, basti pensare allo stato della sanità, al piano ospedali sempre rimandato e mai partito, al welfare in crisi di risorse o alle infrastrutture incompiute. Serve uno scatto, un’autonomia che, a nostro avviso, Robaldo non è più in grado di garantire”.
Lei non perde occasione di attaccare frontalmente il presidente della Regione Cirio. Che cos’è, principalmente, che non le garba dell’attuale governo della Regione?
“Non è una questione personale, ma profondamente politica. Quello che non condivido del governo Cirio è la mancanza di visione e di coraggio, costretto com’è dalle pressioni dei FdI, partito egemone della sua nuova maggioranza e poco incline al confronto. In un momento in cui le fasce popolari e medie vivono difficoltà sempre più simili — dalla sanità che arretra al welfare che si svuota, fino a infrastrutture ferme e territori isolati — la Regione dovrebbe essere il primo motore di risposte concrete e invece si limita spesso alla propaganda. È evidente a tutti che il Piemonte sta perdendo terreno, schiacciato da una maggioranza che rincorre logiche sovraniste e populiste, e che si mostra incapace di affrontare i nodi strutturali. Vogliamo parlare dell’incapacità di staccarsi da un immaginario età dell’oro trumpiana anche a fronte dei danni che i dazi stanno già provocando all’export piemontese e cuneese? L’alternativa a questa destra esiste: sta nella presa di coscienza e nella mobilitazione di quelle forze civiche e democratiche che ogni giorno governano e bene in tanti comuni della nostra regione. Tocca a noi, come Pd, consolidare quella visione alternativa anche a livello provinciale e regionale, perché la Granda e il Piemonte meritano molto di più”.
In passato in provincia di Cuneo il Pd aveva una buona spalla in Monviso in Movimento che ora però non c’è più. Quale rapporto immagina in futuro con le liste civiche? A maggior ragione adesso che il Patto Civico pare apprestarsi a voler presidiare quest’area…
“Il Pd in provincia si è sempre posto come forza aperta e collaborativa, al servizio di coalizioni ampie e inclusive, in grado di interpretare sinceramente le esigenze delle comunità. Continueremo su questa strada, cercando interlocutori credibili e sinceramente alternativi alla destra per costruire alleanze larghe e radicate nei territori. In questo quadro, le esperienze civiche hanno sempre rappresentato un valore aggiunto: non a caso, pur essendo un uomo di partito, ho sempre praticato una politica attenta alle specificità locali, ispirandomi a figure come Lido Riba, Mario Riu e Beppe Manfredi, capaci di coniugare identità politica e apertura civica.
Quanto al Patto Civico, oggi appare più un’operazione di marketing politico che un progetto vero. È, nei fatti, una declinazione territoriale della lista civica di Cirio e quindi difficilmente compatibile con politiche e valori di centrosinistra. Vedremo se e come si strutturerà davvero, ma nel frattempo in provincia si muovono altre energie civiche, sincere e dal basso, che non strizzano l’occhio al postfascismo e con cui sarà interessante dialogare per costruire insieme un futuro diverso per la Granda”.
Quale augurio rivolge a Sannazzaro nel momento in cui sta per passargli il testimone?
“Auguro a Davide di avere la forza e la pazienza per continuare il lavoro di ascolto e sostegno agli amministratori locali, specie dei piccoli comuni, alle associazioni, alle aziende, alle famiglie che è elemento costitutivo di un partito plurale e davvero democratico e di poter continuare a contare sull’aiuto delle tante e dei tanti militanti e iscritti che sono la versa forza della nostra comunità”.
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