Il Nazionale

Politica | 05 marzo 2025, 12:00

Ritardi, extracosti e un’interrogazione a Salvini: la diga di Genova da simbolo della ‘politica del fare’ a carne da campagna elettorale

La questione arriva in Parlamento, il conto sale di 300 milioni di euro e il centrosinistra cavalca la polemica: “Bucci lasci l’incarico di commissario straordinario”

Ritardi, extracosti e un’interrogazione a Salvini: la diga di Genova da simbolo della ‘politica del fare’ a carne da campagna elettorale

Le infrastrutture danno, le infrastrutture tolgono. Se da una parte il centrodestra genovese fa all-in sui cantieri per dare forma concreta alla ‘politica del fare’, dall’altra il centrosinistra punta la lente di ingrandimento sulle maxi opere per portare alla luce le incongruenze tra le promesse e la realtà dei fatti.
Osservata speciale degli ultimi giorni è la nuova diga foranea di Genova, mastodontico progetto da 1,3 miliardi di euro che dovrebbe cambiare radicalmente le dinamiche della portualità cittadina e internazionale. Come spesso accade, tra la magnificenza dei proclami e la concretezza dei lavori ci sono di mezzo una serie di aggiustamenti di costi e tempi che, specie in tempi di campagna elettorale, infiammano il dibattito politico sull’asse Genova-Roma.

Sette cassoni posati a febbraio 2025, contro i dodici previsti entro la fine del 2024. Ma soprattutto, un aumento dei costi di circa 300 milioni di euro che, stando alle indiscrezioni giornalistiche, avrebbe inasprito i rapporti fra il presidente Marco Bucci (notoriamente strenuo difensore del progetto) e il colosso ‘Webuild’ di Pietro Salini. 
Se sui ritardi il consorzio PerGenova Breakwater cerca soluzioni per recuperare il tempo perso, sui costi c’è poco da fare: la politica soffia sul fuoco delle polemiche.

Tanto che i deputati genovesi del Partito Democratico, Valentina Ghio e Alberto Pandolfo, hanno portato la questione sul tavolo del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, chiamato a rispondere in aula.

Ghio e Pandolfo chiedono se il Ministro “sia a conoscenza dei ritardi accumulati nella realizzazione della nuova diga foranea di Genova e delle criticità emerse” e “quali siano le ragioni che hanno determinato un incremento dei costi così rilevante e se siano state effettuate verifiche sulla legittimità delle richieste avanzate dall’impresa appaltatrice” per poi interrogare Salvini su “quali iniziative il Governo intenda adottare per garantire il completamento dell’opera nei tempi previsti e scongiurare ulteriori ritardi e se siano previsti ulteriori stanziamenti per coprire gli extracosti o se si intenda rivedere il quadro contrattuale per assicurare maggiore trasparenza nella gestione economica del progetto”.

Più diretto, come nel suo stile, il consigliere regionale ‘dem’ Simone D’Angelo che non fa giri di parole nel chiedere che Bucci lasci l’incarico di commissario straordinario: “Doveva essere il simbolo del rilancio di Genova, il fiore all’occhiello della propaganda della destra “del fare”, invece si sta trasformando nell’ennesimo disastro dai contorni sconcertanti”.
Prima si scopre che il vincitore della maxi-gara d’appalto era già noto a chi avrebbe dovuto garantire l’interesse pubblico, poi lo stop del Tar per le irregolarità, poi l’imbarazzo dei fanghi tossici nei cassoni e i ritardi senza fine - attacca D’Angelo - oggi la diga è un cantiere bloccato tra extracosti, ricorsi e polemiche. Il clima tra Bucci e Webuild è un muro contro muro. I costi schizzano di 300 milioni in un anno, i lavori rallentano, la consegna è incerta. E chi pagherà? Sempre i cittadini”.
Nel 2020 Bucci premiava Pietro Salini con la cittadinanza onoraria, lo celebrava come ‘ambasciatore del cambiamento’, oggi gli stessi protagonisti di allora litigano sulle cifre e sulle responsabilità, mentre le promesse di trasparenza e velocità crollano sotto il peso delle solite contraddizioni - conclude - è imbarazzante che l’opera più grande del PNRR sia gestita così. La diga andava fatta per Genova, per le ricadute urbanistiche, sociali e occupazionali. Invece vediamo solo foto e tagli di nastri. Questa situazione fuori controllo è ormai inaccettabile. Chiediamo garanzie per i lavoratori e la rimozione di Bucci dall’incarico di Commissario straordinario per l’opera”.

E non poteva mancare all’appello Silvia Salis, candidata del centrosinistra alle comunali di Genova, che sui 300 milioni di extra costi denuncia “poca chiarezza sui tempi e sui modi di fare le cose” sommando alla diga anche il tema della metropolitana.

D’altronde anche lo stesso Marco Bucci non ha esitato nell’indicare quello della diga foranea come uno dei progetti che maggiormente lo preoccupa. Lo ha detto a margine della presentazione della ‘talpa’ per lo scolmatore del Bisagno. Da buon velista teme l’imprevedibilità del mare,  ma ora deve anche fare i conti (nel vero senso del termine) con Webuild perché l’aumento dei costi non è certo tema semplice da portare in campagna elettorale. E non basterà la tanto sbandierata economia circolare del recupero dei materiali del tunnel subportuale per il riempimento dei cassoni a far digerire a politica e cittadini le magagne di un progetto monumentale che porta in dote grattacapi altrettanto monumentali.

Pietro Zampedroni

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