"Chi odia il Neruda odia le cose belle": rispondono così, i volontari dello Spazio Popolare occupato e vicino ad Askatasuna, ai servizi andati in onda sulle reti Rai e Mediaset nelle ultime settimane. Prima, il servizio di Quarta Repubblica di Lodovica Bulian, poi quello di Roberta Pecori dello scorso 3 febbraio, nel programma "Lo Stato delle cose". Le accuse, tra intercettazioni di militanti, interviste e documenti del processo "Sovrano", in corso a Torino contro alcuni membri di Askatasuna e del Movimento No Tav, sono di far pagare affitti e spese per vivere nello Spazio Neruda e di aver provocato un aborto a una donna incinta per scacciare la sua famiglia dall'edificio.
"Non paghiamo niente, nessun affitto o gente che lucra" hanno spiegato alcuni inquilini della ex scuola di corso Cirié, dove abitano quasi 200 persone. "La donna non era incinta, la conoscevo", aggiunge un'altra. Già nel servizio di Rai 3, i volontari dello Spazio avevano raccontato che l'episodio in questione sarebbe l'unica volta in 10 anni in cui una famiglia è stata allontanata dalle altre persone che abitavano lì, a causa dell'attività di spaccio di droga che portavano avanti all'interno del Neruda. Hanno negato ogni forma di violenza contro la donna, mentre hanno raccontato che il marito è stato protagonista di una colluttazione con un altro degli inquilini.
Volontari del Neruda, membri di Askatasuna e abitanti dello Spazio hanno presidiato questo pomeriggio di fronte alla sede Rai di via Verdi, per riportare la loro versione dei fatti e accusando i servizi televisivi di mistificazione e falsità. "Non paghiamo nessun affitto - hanno detto - facciamo lavori di manutenzione tramite delle collette informali, ognuno è responsabile anche del suo vicino di casa e le decisioni vengono prese collettivamente in assemblea". Hanno sottolineato le attività culturali e formative - gratuite - che vengono portate avanti da anni in corso Cirié 7, per fare da contraltare alla narrazione di degrado e illegalità: spettacoli di teatro, scuole di italiano e corsi di arabo, doposcuola, mostre, palestra con corsi di autodifesa o yoga.
"Il Neruda - concludono - è l'esempio calzante di come gli ultimi possano smettere di vivere in balia dei ricatti dei palazzinari e dell'abbandono di ATC e del welfare, per riprendere in mano la propria vita. Infatti, organizzandoci tra sfruttati, in un quartiere abbandonato dalla politica, abbiamo messo in piedi in maniera gratuita un'alternativa allo sfruttamento abitativo. Nella nostra città le assegnazioni delle case popolari sono da anni bloccate, il vuoto pubblico e l'immobilità dell'apparato del welfare costringono le persone a condizioni di vita precarie e difficili. Il Neruda è nato da persone che si sono riappropriate del proprio diritto alla casa una volta abbandonate dalle istituzioni, rendendo la propria vittoria un'opportunità per tutto il territorio. Per quanto riguarda le nostre bollette e il presunto furto alle tasse della cittadinanza, vogliamo domandarvi se aveste provato ad interrogarvi su quanto realmente costerebbe alla città di Torino uno spazio come il nostro, che è casa per tantissime persone. Tutto questo senza che a nessuno sia pagato uno stipendio: il Neruda è retto in piedi solo dal nostro senso di comunità e dalla volontà di vivere in una società migliore".
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