L’Antiterrorismo è stato allertato e si valuta il coinvolgimento degli specialisti del Comsubin, il reparto d’élite degli incursori subacquei della Marina Militare, per un’analisi approfondita della Sea Jewel, la petroliera danneggiata al largo di Savona. Il punto chiave da chiarire è l’origine della falla di oltre un metro e mezzo nello scafo: si è trattato di un’esplosione provocata da uno o più ordigni piazzati esternamente? Se così fosse, saremmo di fronte a un atto di sabotaggio deliberato. E le prime verifiche dei sommozzatori hanno rilevato il ripiegamento interno delle lamiere, compatibile con un atto di sabotaggio, ovvero con la deflagrazione di un ordigno.
L’inchiesta della Procura di Savona si è già estesa alla Direzione Distrettuale Antimafia di Genova, partendo proprio da questo dato tecnico cruciale: le lamiere dello scafo sono ripiegate internamente. Anche la presenza di un’anomala moria di pesci nei pressi della nave rafforza questa ipotesi.
Ma c’è di più: la Sea Jewel, battente bandiera maltese, era già finita nel mirino di alcune inchieste giornalistiche sulle cosiddette "flotte ombra" della Russia, quelle petroliere che, con triangolazioni sospette attraverso Stati extra UE, aggirano le sanzioni per trasportare illegalmente greggio russo verso il mercato europeo. Secondo "Ukrainska Pravda", questa nave avrebbe più volte fatto scalo a Novorossijsk, il porto russo sul Mar Nero, per poi ripartire verso la Turchia e successivamente dirigersi in Europa. Secondo i giornalisti ucraini, avrebbe più volte fatto spola tra porti di Federazione Russa e Turchia. Una rotta simile a quella della Ursa Major, il tanker affondato nelle acque spagnole lo scorso Natale, un evento che oggi sembra acquisire nuovi significati.
La Capitaneria di Porto di Savona, che ha avviato i primi accertamenti, ha inizialmente ipotizzato che il danno potesse essere legato a un incidente tecnico durante le operazioni di scarico. Tuttavia, questa spiegazione appare sempre meno convincente, dal momento che le deflagrazioni sono avvenute mentre le operazioni di travaso erano sospese e l’equipaggio (23 componenti, tutti illesi) si trovava in riposo.
Nonostante la gravità dell’incidente, il peggio è stato evitato: la Sea Jewel trasportava un ingente quantitativo di petrolio, e un cedimento strutturale più esteso avrebbe potuto provocare una catastrofe ambientale. La nave è posizionata nelle vicinanze dell’Area Marina Protetta di Bergeggi, e uno sversamento avrebbe avuto conseguenze devastanti per l’ecosistema.
La Sea Jewel risulta salpata l’11 febbraio dal porto algerino di Bethioua con destinazione Savona, dove è arrivata il 14 febbraio, ancorandosi nel campo boe della Sarpom per scaricare il greggio destinato alla raffineria di Trecate, attraverso il deposito costiero di Quiliano e l'oleodotto. La nave, lunga 245 metri e larga 42, con una capacità di carico di oltre 100.000 tonnellate, non ha più lasciato l’ormeggio fino alla notte dell’esplosione.
L’equipaggio sostiene di aver udito distintamente il boato. Ma chi potrebbe aver avuto interesse a colpire questa petroliera? Un atto ostile legato alla guerra tra Russia e Ucraina? Un avvertimento in un gioco geopolitico più ampio? Gli inquirenti, stretti in un silenzio rigoroso, non escludono alcuna pista. Quel che è certo è che lo scenario si fa sempre più oscuro e il caso della Sea Jewel, se fosse confermato il caso del sabotaggio, rischia di diventare un nuovo tassello di un’intricata partita internazionale combattuta anche nelle acque italiane.
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