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Politica | 23 gennaio 2025, 12:44

Il consiglio regionale onora il Giorno della Memoria, il presidente Balleari: “Leggi Razziali punto più basso, l’antisemitismo sta tornando alla ribalta”

Nel proprio discorso il primo rappresentante dell’assise è poi andato sulla stretta attualità puntando il dito contro le “manifestazioni violente a cui assistiamo da un anno a questa parte, talvolta bruciando bandiere che rappresentano interi popoli”

Il consiglio regionale onora il Giorno della Memoria, il presidente Balleari: “Leggi Razziali punto più basso, l’antisemitismo sta tornando alla ribalta”

Le Leggi Razziali come “punto più basso raggiunto dal nostro Paese”, ma anche un riferimento al “ritorno alla ribalta dell’antisemitismo” e alle “manifestazioni violente a cui assistiamo da un anno a questa parte, talvolta bruciando bandiere che rappresentano interi popoli”.
Su questi due pilastri si regge il discorso del presidente del consiglio regionale, Stefano Balleari, in apertura della seduta solenne dedicata al Giorno della Memoria. Un’assemblea che ha visto anche l’intervento di Chiara Dogliotti, ricercatrice dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea (ILSEREC), oltre alla premiazione degli studenti scuola media superiore vincitori della 17ª edizione del concorso regionale ‘27 gennaio: Giorno della Memoria’.

Il 27 gennaio di 80 anni fa, il mondo ha visto con i suoi occhi l’orrore della Shoah, il deliberato piano nazista di persecuzione e sterminio del popolo ebraico - ha esordito Balleari nel proprio discorso - quel giorno, si aprirono i cancelli del più inquietante esperimento di sterminio di massa che l’umanità ricordi: Auschwitz-Birkenau, ossia la più grande struttura, in termini dimensionali, appositamente eretta con il solo scopo di annientare degli esseri umani non considerati tali. In quel campo, così come in molti altri tristemente noti, i concetti di uguaglianza, democrazia, libertà, che parte dell’Europa aveva già conquistato ormai da molto tempo, vennero definitivamente cancellati, aprendo una ferita  la cui cicatrice non è mai del tutto scomparsa. Indelebile, come i numeri tatuati sulle braccia dei deportati che trovarono la morte nella maniera più indegna”.

Il germe dell’antisemitismo - ha proseguito Balleari - prese piede anche nell’Italia fascista, attraverso un disegno, sulla falsariga nazista, teso prima ad emarginare, poi a reprimere ed infine a deportare e sterminare gli ebrei. La vita per gli ebrei in Italia iniziò a farsi difficile nel corso degli anni trenta e diventò impossibile con la promulgazione delle Leggi Razziali del 1938 che, ancora oggi, rappresentano il punto più basso della storia italiana. Una triste pagina per la nostra nazione, la cui condanna unanime da parte della politica rappresenta oggi un esempio di memoria condivisa”.

Balleari, poi, ha virato sulla stretta attualità: “Non posso esimermi dall’osservare, con estremo rammarico, che i sentimenti di odio, tra cui l’antisemitismo, ancora oggi serpeggino tra frange di fanatici, che si sentono legittimati a divulgare, con le espressioni, ma, ancor peggio, con le manifestazioni di violenza, talvolta bruciando simboli religiosi o bandiere che rappresentano un intero popolo. Quegli stessi impulsi che portarono ad istituire un progetto di sterminio, una “soluzione finale”, come venne a suo tempo definita dai gerarchi che la idearono e la organizzarono.  Manifestazioni, queste, che non degenerano solo grazie al prezioso lavoro delle forze dell’ordine, sempre pronte a garantire sicurezza e legalità nel pieno rispetto della nostra Costituzione. La politica, dal canto suo, dovrebbe sempre avere il coraggio di prendere le distanze e condannare le violenze. L’aggressione di Hamas del 7 ottobre del 2023 che ha causato l’ennesimo conflitto in medio-oriente, così le guerre  tuttora in corso nel mondo, dimostrano che non è mai possibile dare per scontato  il definitivo raggiungimento della pace e della stabilità dei principi democratici”.

L’intervento della dottoressa Chiara Dogliotti ha ripercorso la storia di Liana Millu, giornalista pisana e insegnante in una scuola elementare di Livorno, che a seguito delle Reggi Razziali del 1938 perde entrambi i posti di lavoro. Cade in una condizione di precarietà che, nel giugno del 1940 la porta a trasferirsi a Genova. È qui che, dopo l’8 settembre 1943, diventa un membro attivo della Resistenza. Entrata nell'Organizzazione ‘Otto’, l'insegnante ha il delicato compito di comunicare informazioni e codici operativi, soprattutto facendo la spola tra la Val D’Aveto e il Veneto. Il suo impegno viene bloccato nel marzo del 1944, quando, a Venezia, è arrestata e deportata ad Auschwitz. Liana Millu arriva a definire le vessazioni nei lager “in qualche modo meno crudeli di quelle stabilite dalle Leggi Razziali, perché i nemici erano lì evidenti e si comportavano da tali, non erano ‘fratelli’ pronti a pugnalarti alle spalle”. Durante la prigionia, viene inizialmente contaminata dal clima di paura e violenza, fino a rendersi protagonista di scontri con altre prigioniere. Dopo un’attenta riflessione, Liana riesce a far prevalere la ragione all’istinto e decide di ‘restare umana’. Riesce a sopravvivere e a tornare in Italia, ma la drammatica esperienza segna la sua esistenza. Autrice di memorie, romanzi e racconti, tra cui “Il fumo di Birkenau” del 1947, Liana Millu muore a Genova, il 6 febbraio del 2005.

Pietro Zampedroni

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