Il Nazionale

Politica | 23 gennaio 2025, 08:00

Giorno della Memoria, parola al presidente ILSREC Giacomo Ronzitti: “Dietro ogni saluto romano ci sono milioni di morti”

In consiglio regionale le celebrazioni proprio nei giorni in cui dagli Stati Uniti arrivano le parole di Donald Trump e i gesti controversi di Elon Musk: “Si stanno ascoltando parole che richiamano all’uso della forza”

Giorno della Memoria, parola al presidente ILSREC Giacomo Ronzitti: “Dietro ogni saluto romano ci sono milioni di morti”

In un quadro generale di saluti romani all’insediamento del presidente degli Stati Uniti d’America, con l’ascesa dell’ultradestra in diversi Paesi d’Europa e nella costante ricerca dell’uomo forte al comando che sembra affascinare anche le più ferventi democrazie, la politica regionale si appresta a celebrare questa mattina alle 11 il Giorno della Memoria con la tradizionale seduta solenne. 
Un momento di alta democrazia per ricordare tutti coloro che, durante la Seconda Guerra Mondiale, furono perseguitati sulla base di discriminazioni di origine razziale, religiosa e politica.
Un momento che impone riflessione e ricordo, nel nome di chi non c’è più e con l’aiuto di chi conserva la memoria dell’orrore o si impegna per diffonderla ancora oggi, quando, a un secolo di distanza, si rischia di vedere offuscati i contorni di una tragedia che ha macchiato la storia.

Giacomo Ronzitti, classe 1950, fervente antifascista, pacifista e difensore dei diritti umani, già presidente del consiglio regionale ligure, primo firmatario della legge regionale approvata nel 2004 tesa a tutelare i valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana, dal 2012 è presidente dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea.
Con lui abbiamo scattato una fotografia del presente in relazione a quello che la Storia ci ha portato in dote. Un’immagine da fissare con attenzione in vista del 27 gennaio, quando la parola “Memoria” sarà sulla bocca di tutti.

Come ha detto Liliana Segre, dobbiamo fare in modo che il Giorno della Memoria non sia solo un rigo nei libri di testo - esordisce Ronzitti - deve essere custodito nella coscienza storica. Conoscere il passato significa capire le ragioni di ciò che è avvenuto nel ‘900. Liliana Segre aveva meno di otto anni quando nel ’38 vennero emanate le leggi razziali, altri bambini erano ancora più piccoli. Loro non potevano capirne le ragioni, il perché da un giorno all’altro sono stati allontanati dalla scuola, dai giochi, dagli amici, veniva spezzata la loro infanzia. E neppure i loro genitori potevano capirlo. Questo, però, la Storia lo può spiegare. Ci spiega che l’ideologia nazifascista si fondava sull’idea della supremazia di una razza e del dominio di un popolo su un altro. La Shoah, l’Olocausto e la guerra furono l’epilogo dei regimi totalitari in Europa, prima quello fascista in Italia e poi quello nazionalsocialista in Germania”.

Oggi dobbiamo avere contezza del fatto che avere memoria significa non solo scongiurare il ripetersi, ma anche che non si possa riproporre il male che nasce dall’ignoranza e dalla sopraffazione - prosegue Ronzitti collegandosi alla stretta attualità - quando vedo il saluto romano di Elon Musk mi domando se quella persona ha contezza del significato che quel gesto ha e se lo ha fatto consapevolmente. Dietro quel gesto ci sono milioni e milioni di morti, tra i quali milioni di bambini. Ci sono l’Olocausto, le persecuzioni, la negazione dei diritti di libertà. Che colpa ha un bimbo di quattro anni? Forse la colpa di essere nato? Serve avere memoria e coscienza delle ragioni che hanno portato a quell’epilogo. La memoria e la storia sono un antidoto al male”.

Ma perché cent’anni dopo quell’orrore sta tornando una sorta di fascinazione per l’uomo forte al comando? “Apparentemente si può pensare che una persona sola al comando possa dare maggiore potere di scelta e, dall’altra, si pensa che dietro all’investitura popolare diretta possa esserci maggiore efficienza o velocità nella gestione del potere perché gli ordinamenti democratici nel corso del tempo si sono dimostrati lenti, farraginosi, non sempre tempestivi - risponde Ronzitti - questo è un inganno, perché in verità lo stesso meccanismo ha portato nel 1922 all’affermazione del regime fascista in Italia. Mussolini venne investito di grandi poteri, non era più il Parlamento a dare fiducia al Capo dello Stato, ma il contrario. Quando si ha un potere assoluto, la discrezionalità del singolo diventa una minaccia per gli stessi cittadini che avevano partecipato al voto, come in Germania, dove Hitler venne investito da un diffuso potere popolare. Si manifesta questa idea della debolezza delle democrazie e della farraginosità dei regimi parlamentari, oltre a una decadenza della forza degli ideali e della politica, che manifesta debolezze e inadeguatezze. In terzo luogo, stiamo vivendo un tempo in cui si affacciano tante questioni inedite, problemi che l’umanità non aveva ancora vissuto, come i flussi migratori”.

L’esempio statunitense, qui, è calzante. “Quando si percepisce quell’idea dell’invasione, scatta un meccanismo di autodifesa ritenendo che ci sia un pericolo, una minaccia perché l’invasione ci priva di sicurezza, diritti e sovranità - prosegue Ronzitti - coloro che gettano benzina sul fuoco fanno un danno gravissimo, si pensa di rispondere chiudendo i confini. Uno dei tanti provvedimenti che Trump ha assunto in queste ore è la chiusura dei confini con il Messico e la proclamazione dello stato di emergenza. Questa logica, insieme a quella delle guerre commerciali con l’applicazione di dazi che non sono nell’ottica di una corretta gestione dei rapporti commerciali, può essere l’avvio di guerre commerciali dopo le quali è facile richiamare a limitazione dei diritti e anche alla necessità dell’uso della forza. Sono giorni in cui si stanno ascoltando parole che richiamano all’uso della forza. Non è la prima volta che accade nel dopoguerra, ma è la prima volta che un Presidente degli Stati Uniti richiama così esplicitamente l’uso della forza nei confronti di un altro Paese sovrano come Panama, con l’idea di riconquistare il Canale. Oppure ritenendo che il Canada debba diventare il 51° Stato o che la Groenlandia appartiene agli USA per logiche geopolitiche. Sono i principi con cui Putin ha invaso l’Ucraina: il diritto della forza. Ecco dove la minaccia può sconvolgere le relazioni internazionali che dal dopoguerra si è sempre fondata sull’autodeterminazione come regola”.

C’è una via d’uscita? È possibile invertire la rotta o siamo ancora in una fase di ascesa? “Penso che i cittadini statunitensi, con la loro coscienza democratica, possano rapidamente rendersi conto che il ruolo degli USA nel dopoguerra è stato fondamentale nel garantire la pace e la libertà nel mondo - risponde Ronzitti - senza gli Stati Uniti il nazifascismo non sarebbe stato sconfitto. Dopo il ’45 gli USA, insieme ai Paesi occidentali, riescono ad arrivare alla costruzione delle Nazioni Unite con l’affermazione dei principi che regolano il diritto internazionale. Abbiamo avuto un lungo periodo di pace, che forse non ricordiamo, perché gli USA, insieme ad altre grandi potenze, hanno costruito l’equilibrio nel mondo. Un lunghissimo periodo di pace è prosperità. Quella scelta di pace ha significato ricostruire interi continenti dalle macerie. Si fondava sulla cooperazione economica e gli USA sono stati colo che hanno adottato, anziché una pace punitiva, il piano Marshall che ha aiutato la ricostruzione”.

Mettere i dazi garantisce illusoriamente l’economia americana, ma iniziare le guerre commerciali significa isolare gli Stati Uniti - conclude Ronzitti tornando alla più stretta attualità - in un mondo globale, la crescita di un Paese può realizzarsi se quel Paese è in grado di relazionarsi con gli altri. Anche la Cina risponderà con i dazi. E l’Europa? Penso che i cittadini possano consapevolmente comprendere la necessità di non seguire quel piano inclinato. L’Europa ha un ruolo fondamentale, nasce per volontà di De Gasperi, Schuman e Adenauer che capiscono che ogni problema si può affrontare e vincere se non si rimane nella logica dello Stato-Nazione. Pensiamo all’Ungheria di Orban. Senza i finanziamenti dell’Europa sarebbe quella del 1956, un Paese povero e molto arretrato. Si è sviluppato con l’ingresso nell’Unione. L’Europa, quindi, ha il compito di far comprendere agli Stati Uniti che serve riprendere quell’idea di un futuro da costruire insieme”.

Pietro Zampedroni

Commenti