Il Nazionale

Cronaca | 21 gennaio 2025, 18:07

Per quelle sparizioni di materiali sul cantiere del Tenda-Bis il processo è da rifare

Un'opera che non trova pace, né nelle aule di giustizia né in cantiere. La Corte d'Appello aveva prosciolto tutti gli imputati demolendo l'impianto accusatorio di primo grado. Nei giorni scorsi la Corte di Cassazione ha annullato la pronuncia rinviando gli atti a Torino

Per quelle sparizioni di materiali sul cantiere del Tenda-Bis il processo è da rifare

Può essere rubato qualcosa che si detiene? Per il Procuratore capo cuneese Onelio Dodero, che aveva istruito il processo di primo grado, sì, mentre per i giudici della Corte d'Appello di Torino no. 
Ed è proprio questa ultima pronuncia ad essere stata annullata dalla Corte di Cassazione e rinviata, nuovamente, di fronte ai giudici di secondo grado. Che cosa significa? Significa che per i cinque imputati accusati di furti di materiale sul cantiere Tenda-Bis il processo è da rifare e a decidere, sarà ancora una volta, in diversa composizione, la Corte d'Appello di Torino. Inoltre il Comune di Limone Piemonte e Anas potranno avanzare richieste di i risarcimento.

Ad essere cassata dai giudici del 'palazzaccio' è stata infatti la sentenza assolutoria pronunciata del maggio scorso,  che aveva demolito l’impianto accusatorio di un’inchiesta che, zoppicante, ha tagliato il traguardo prima della maturazione di tutti i termini della prescrizione. Nei giorni scorsi, infatti, anche la seconda tranche dell’inchiesta “maledetta” è giunta, almeno in primo grado, al capolinea. 

Ma riavvolgiamo il nastro. Tutto iniziò nel maggio del 2017, con il sequestro del cantiere di Limonetto. La Guardia di Finanza di Cuneo, ricevute alcune segnalazioni che riguardavano una presunta rivendita di gasolio e materiali da costruzione da parte di alcuni addetti della ditta appaltatrice per il raddoppio della galleria Tenda, iniziò una corposa indagine investigativa.

Attraverso intercettazioni, pedinamenti e perquisizioni, si apprese che le centine inutilizzate sarebbero state rivendute dopo essere scaricate sul cantiere di Limone Piemonte. Sugli atti di indagini, stando ai soli carichi tracciati dalla Gdf, si sarebbe trattato di una rivendita, dunque un ammanco, di circa 212 tonnellate di materiali ferrosi con un guadagno di circa 23mila euro.


Il periodo preso in considerazione andava dal gennaio 2014 al maggio 2017. Si ritenne però che il guadagno potesse essere superiore al 100mila euro, in quanto la rivendita sarebbe stata effettuata tutta in nero per 850 euro a tonnellata. Gli ammanchi, secondo la tesi difensiva, sarebbero stati solo degli scarti di lavorazione.

Da qui la presa di posizione della Procura di Cuneo, rappresentata dal procuratore capo Onelio Dodero che aveva chiesto la condanna di tutti e cinque gli imputati per furto e la differente interpretazione della Corte d’Appello dei fatti interpellata dalle difese degli imputati in sede di impugnazione.
Può essere rubato qualcosa che è nella propria disponibilità? Per il magistrato cuneese sì.
Quel materiale, che comprendeva non solo centine, ma anche ferro in disuso destinato allo smaltimento, venne rubato e rivenduto dai dipendenti della Grandi Lavori Fincosit.
 

Per il tribunale di secondo grado, invece, no: quei materiali ferrosi, essendo già nella disponibilità della ditta non potevano essere rubati, al massimo “indebitamente presi”. Da qui la diversa pronuncia e il clamoroso goal per le difese: l’appropriazione indebita è procedibile solo con querela di parte, e qui mancò. 
Quanto alla detenzione illegale di esplosivi e allo smaltimento dello “smarino” la prescrizione ha corso più veloce della macchina della giustizia, pertanto, i reati sono estinti. Insomma, la tesi torinese, cassata poi in ultimo grado di giudizio, era stata che in realtà quei "furti" contestati dalla procura di Cuneo altro non fossero che smaltimento di materiali non più utilizzabili in cantiere.
 

Una sentenza, quella pronunciata in secondo grado, che oltre ad aver messo in dubbio la qualificazione giuridica dei fatti, stabilendo che la sparizione delle centine, che tra l'altro sarebbero state inutili ai fini della costruzione del cantiere perché smaltite, fosse un’appropriazione indebita e non un furto, aveva completamente sgretolato l’impianto accusatorio di un’inchiesta durata più di sette anni. Ma il diritto non è una scienza esatta, come lo è la matematica, ma interpretazione e su questo, nulla questio. La parola, quindi, di nuovo ai giudici della Corte d’Appello.

CharB.

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