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Sport | 07 gennaio 2025, 07:37

Nel laboratorio cesteria di Brebbia di Italo Binda, dove il tempo pare essersi fermato: «Da 50 anni non riesco a smettere di fare andare le mani e intrecciare»

Un tuffo nelle tradizioni e nell'artigianalità che sfocia in vera e propria arte, quella portata avanti da questo artigiano artista: «Il mestiere di cestaio lo ha iniziato mio nonno Angelo che lo ha passato a mio padre Erminio. Io ci sono nato e continuo ad andare avanti con la voglia sempre di imparare anche se ho chiuso il negozio e non faccio più i mercati. Al laboratorio vengono a trovarmi gli amici di un tempo e ci beviamo un bicchiere di vino insieme, seduti su una sedia di paglia come una volta»

Nel laboratorio cesteria di Brebbia di Italo Binda, dove il tempo pare essersi fermato: «Da 50 anni non riesco a smettere di fare andare le mani e intrecciare»

Nell’entrare nel laboratorio cesteria di Italo Binda a Brebbia, la prima impressione che si coglie è quella magica atmosfera di un tempo lontano, dove la nobile arte dell’intreccio era una conoscenza indispensabile per il nucleo famigliare, per realizzare cestini, contenitori e gerle per il trasporto del fieno e per altri lavori agricoli.

La storia ci racconta che quest’arte tramandata da molte generazione veniva svolta nei periodi invernali, quando le donne raccoglievano delle bacchette molto flessibili che la natura offriva e la famiglia tutta intorno al camino insegnava ai bambini la nobile arte del creare oggetti intrecciando e avendo molta cura e attenzione ai particolari.

La storia della cesteria di Brebbia parte da lontano: dal nonno Angelo che ha passato tutto al papà di Italo, il sciur Erminio, che con maestria e con pochi attrezzi, creava cesti di varie misure per fare la spesa, raccogliere frutta, contenitori per il pane, cesti con particolari manici per portare il bucato al lavatoio, o anche impagliava sedie ed altro ancora, per poi andare a venderli ai mercati delle zone vicine.

Un bel giorno Italo raccolse il testimone di suo papà e da qui inizia la nostra chiacchierata con questo artigiano artista brebbiese. 

Signor Italo ci racconta la sua storia?

Sono sempre stato affascinato dal lavoro di mio padre. Mi piaceva come con le sue mani e con pochi attrezzi realizzava oggetti e poi era una festa quando mi portava al giovedì, che allora non si andava a scuola, al mercato a Besozzo. Il mercato in generale mi ha sempre creato un fascino particolare sin da bambino. Poi quando ho finito le scuole superiori, l’attrazione fatale per il vimini mi ha stregato e cosi a 18 anni ho iniziato e ormai sono 50 anni che faccio questo mestiere che aveva iniziato il mio nonno paterno.

Aveva già una predisposizione artistica, un talento innato, per raccogliere il testimone di suo nonno e suo padre?

Ci sono nato, forse sì e rubavo il mestiere a papà, poi quando c’è la passione e la vocazione a fare qualcosa credo che tutto sia meno complesso. Certo ci vogliono inventiva, manualità, malizia, conoscenza del materiale e tanta esperienza e voglia di imparare.

A proposito di materiali, negli anni il mondo dell'arredamento è molto cambiato, ad esempio con l'utilizzo del bambù. Come si riesce a stare al passo con i tempi? 

Come la storia ci insegna ci sono dei cicli e anche l’arredamento segue questo corso. Intorno agli anni 80 e per un ventennio il bambù era utilizzato per arredamento, con cui si creavano sedie, tavoli ed altri componenti di arredo per la casa. Mi sono documentato, ho studiato il materiale ed ho iniziato a produrre vendendo sia al mio negozio che avevo aperto che nei mercati. Poi terminato il boom ho ripreso altri tipi di lavorazioni.

Adesso quali sono i materiali che utilizza per le sue lavorazioni?

E’ la passione che mi spinge ancora adesso a creare oggetti con il midollino e il giunco. Non riesco a smettere di far andare le mani ad intrecciare anche se ho chiuso il negozio e non faccio più i mercati. Mi piace costruire qualcosa di originale per una cerchia di clientela amica che ha ancora piacere ad avere un oggetto non creato in serie in fabbrica ma prettamente artigianale, costruito con le sole mie mani, anche se ormai ho raggiunto l’età pensionabile. 

Qualche rimpianto nella sua vita e nella sua carriera?

Il non aver trasferito ad altri quello che mio nonno fece con mio padre e poi lui con me. Da un punto di vista lo capisco anche, oramai questo mestiere è in estinzione, sono cambiati i tempi, le mode e la tecnologia in questi anni ha creato nuovi materiali per soddisfare l'esigenza di creare nuovi accessori di arredamento. Certo non c’è più arte, ci si accontenta di una creazione di design su vasta scala. Io intanto vado avanti anche perché spesso vengono a trovarmi nel mio laboratorio gli amici di un tempo ed è anche un modo per incontrarci, socializzare e bere un buon bicchiere di vino seduti sulle sedie di paglia come una volta.  

Claudio Ferretti

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