Una coalizione da mettere in piedi con annesse frizioni interne, alleanze ancora tutte da vedere e un candidato sindaco che ancora non si vede all’orizzonte. Sembra la narrazione postuma del ‘campo largo’ che si apprestava alla contesa elettorale regionale e, invece, è la strettissima attualità di un centrosinistra che sembra approcciarsi alle amministrative di Genova con il piede destro sull’acceleratore e il sinistro sul freno. Solita storia, insomma.
Le voci si ricorrono da settimane, tra chi dice che dopo la chiusura di campagna al Politeama non ci siano stati già contatti tra i ‘big’ della coalizione e chi, come la ormai ex responsabile della segreteria genovese del Partito Democratico, Elena Putti, ha lasciato i ‘dem’ per virare verso un possibile nuovo progetto civico pronto a correre per Palazzo Tursi. Senza dimenticare le evoluzioni funamboliche del Movimento 5 Stelle, sempre più vicino alla corsa solitaria, e l’ala centrista (leggi Azione e Italia Viva) che ancora deve capire se è ospite gradita o meno nella famiglia progressista.
Ci sono cascati di nuovo
Sembra passata un’eternità, ma solo quattro mesi fa le cronache politiche regionali versavano fiumi di inchiostro dietro agli psicodrammi di un ‘campo largo’ ma stato largo e, forse, mai stato nemmeno campo. Settimane passate a decidere come comporre la squadra a sostegno di un Andrea Orlando annunciato come candidato presidente troppo tardi e, soprattutto, quando ormai era chiarissimo che sarebbe stato lui. Ma, incomprensibilmente, si è aspettato tanto, pure troppo, come hanno dimostrato a quel tempo le comprensibili lamentele dello stesso Orlando.
E ora siamo daccapo. Non c’è nemmeno l’ombra di un candidato sindaco per Genova, i partiti iniziano a perdere pezzi e non si sa ancora come sarà composta la squadra del centrosinistra tra simboli e liste civiche. L’unico elemento, che emerge anche tra le righe della chat ‘Vasta’ di Claudio Burlando, è una generale sensazione di delusione post regionali che sta andando a minare la voglia di unità e, soprattutto, lascia più spazio alle lamentele a discapito delle proposte.
Il vantaggio che rischia di essere gettato al vento (di nuovo)
È bene ricordare che il centrodestra che ha appena vinto per la terza volta le regionali in Liguria è lo stesso centrodestra che il 7 maggio scorso, dopo l’arresto di Giovanni Toti, sembrava destinato a finire nel dimenticatoio. E, invece ora è di nuovo in piazza De Ferrari, con buona pace di chi (leggi ‘campo largo’) non solo dava la vittoria per scontata, ma preparava già la suddivisione dei ruoli e dei compiti una volta arrivato nella stanza dei bottoni. Un clamoroso autogol frutto di distrazione e poca considerazione dell’avversario.
A Genova le premesse sono le stesse. Alle regionali il centrosinistra nel capoluogo ha staccato la coalizione di centrodestra di 22.704 voti, il 7,98%. Il Partito Democratico, inoltre, è risultato il più votato con il 29,71%, doppiando Fratelli d’Italia fermo al 13,52%.
Servirà una certa dose di impegno autodistruttivo per dilapidare un vantaggio figlio da un lato della naturale tendenza della città, dall’altro di una evidente insoddisfazione della cittadinanza verso Marco Bucci. E le prime mosse sotterranee della coalizione di centrosinistra non sembrano certo andare nella direzione di una nuova narrazione rivoluzionaria all’insegna della compattezza e dell’intenzione condivisa di voler correre insieme.
Il centrodestra, intanto, fa quadrato a fari spenti
Stesso copione anche dall’altra parte. Basta voltarsi indietro di qualche mese per ricordare un centrodestra ligure che, nonostante il terremoto giudiziario, non ha indietreggiato di un centimetro facendo quadrato attorno al presidente dimissionario e sulla costruzione di una squadra compatta. Gli addetti ai lavori erano ben consapevoli di alcune frizioni interne ma, in pieno stile centrodestra, nulla di tutto ciò è arrivato agli elettori che, così, hanno potuto contare su una compagine che alle urne si è presentata unita e forte. Almeno all’apparenza.
E lo stesso si sta vedendo anche sulla strada verso le amministrative genovesi della prossima primavera. C’è già il nome di un possibile candidato sindaco che nessuno per adesso ha smentito. Quel Pietro Piciocchi, vice sindaco di Marco Bucci ora promosso a primo cittadino facente funzione, che non solo rappresenta la continuità, ma è anche testimonianza viva di una coalizione che vuole proseguire nella propria narrazione senza apparenti scossoni.
Scossoni che, però, ci sono. Ma vengono sapientemente nascosti sotto la sabbia. Non è un segreto che ‘Noi Moderati’ (partito di riferimento di Giovanni Toti e gruppo consigliare al quale ha aderito anche il neo-presidente Marco Bucci) voglia un ruolo da protagonista in campagna elettorale e rivendichi uno spostamento centrista della coalizione. Ma nulla va a minare (almeno all’apparenza) l’armonia che viene sapientemente venduta all’elettorato.
Un déjà-vu dal finale (forse) già scritto
In fondo, il centrosinistra sembra essere affezionato al suo schema preferito: aspettare, dividersi, scontrarsi anche pubblicamente e, solo all’ultimo, provare a mettere insieme i cocci. Il rischio, però, è che quando finalmente avranno deciso un candidato, le urne saranno già pronte per chiudersi.
E il centrodestra? Continueranno a fare ciò che sanno fare meglio: uniti in pubblico, col coltello tra i denti in privato. Ma alla fine non conta cosa succede dietro le quinte, conta chi è in scena al momento giusto. E qui, se le cose non dovessero prendere una piega diversa nelle stanze del ‘campo largo’, il sipario rischia di chiudersi con un’altra sonora standing ovation…per gli avversari.
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