“Saprò controllare la mia gelosia…”, “Ti ho fatto paura? Non volevo….”, “Perdonami… non succederà più!”, “Prometto, smetterò di seguirti”… "Mi è partito lo schiaffo, sono stressato", "Per te cambierò"...
Frasi che scandiscono vite, segnano giornate e si incancreniscono nella quotidianità fino a fa diventare normali situazioni che troppo spesso sfociano in drammi. La mostra itinerante voluta da Sos donna si è riempita nel suo percorso di testimonianze e altre frasi di questo tipo.
Il 25 novembre non è solo una giornata, ma la volontà di affiancare a panchine, scarpe e lacrime, una progettualità forte e attiva. Nell'Astigiano c'è, ma il lavoro da fare è ancora molto, deve partire dalle scuole, dall'educazione al rispetto, l'educazione all'utilizzo dei social, l'aiuto alle famiglie e ci vorrà tanto tempo. Il progetto Sos donna, attivo e nato da qualche anno proprio per il contrasto alla violenza, offre una fitta rete di contatti e aiuto, senza contare che il numero 1522 antiviolenza e stalking è sempre disponibile.
Sono diverse anche le testimonianze e il video progetto "Ho parlato al cuore di un uomo", di e con Giorgia Camerano in collaborazione con Officina LS di Asti, fa pensare.
Responsabile del progetto, con contenuti realizzati dalla giornalista Laura Nosenzo, è l'associazione di volontariato Mani Colorate che ropone incontri formativi ed educativi ai giovani, genitori, insegnanti ed educatori sulle modalità comportamentali nei casi di bullismo, cyberbullismo, dispersione scolastica, nuove forme di dipendenza, difficoltà di relazione ed integrazione, offrendo supporto psicologico, pedagogico, legale. Tanti i partner dell'iniziativa (CLICCA QUI).
E, proprio dalle frasi della mostra itinerante, oggi a mezzogiorno debutta “Quello che la voce non dice, urla nell’anima”, reading tra parole e musica sul coraggio delle donne uscite dalla violenza: l’evento, promosso sempre da SOS donna con la collaborazione della Consulta delle Elette del Consiglio regionale del Piemonte e dell’Asl AT, ospitato nella piazza interna dell’Ospedale Cardinal Massaia di Asti.
In scena l’attrice e regista Federica Tripodi (firma anche l’ideazione del reading) e la musicista polistrumentista sperimentatrice Monica Lo Grasso per raccontare una diversa immagine delle vittime di violenza: non più soggetti abusati e rassegnati, ma che reagiscono e ricostruiscono il proprio futuro.
Il reading è riservato alle scuole superiori che hanno aderito al concorso di SOS donna “Chiedi aiuto!” ideato dall’Associazione Mani Colorate. Domenica 1° dicembre l’evento replicherà, in collaborazione con il Comune di Moncalvo, nel Teatro della città aleramica (ingresso libero, ore 17).
La manifestazione di Non una di meno
Non una di meno Asti dà appuntamento alle 18 in via Cavour angolo piazza Marconi con il flash mob "Disarmiamo il patriarcato". Il corteo toccherà: piazza Statuto, via Gobetti, corso Alfieri, piazza Alfieri, via Garibaldi, arrivo in piazza San Secondo.
Il sondaggio realizzato ad Asti per consentire in forma anonima di raccontare casi di violenza di genere, racconta numeri inquietanti
Il sondaggio si chiama “Sorell3 io ti credo” perché, dicono da Non una di meno, "chi ha subito e subisce atti persecutori, stalking, umiliazioni e altre forme di violenza sappia di essere da noi creduta e, quindi, accolta e protetta".
In meno di due settimane il questionario ha ricevuto più di 120 risposte, di cui al 92% appartiene a persone di genere femminile.
Sono stati raccolti 18 casi di violenza fisica, 28 di violenza sessuale tra stupri e altri atti sessuali non consensuali e 47 palpeggiamenti. Il 47% ha subito violenza psicologica, verbale o economica da parte di un partner e il 24% stalking.
"I numeri salgono ancora quando si parla di molestie (61%). Il campione è significativo di quanto la violenza di genere sia un problema sistemico che riguarda tutt* al di là di classe, etnia e condizione sociale", spiegano le attiviste che chiedono maggiori investimenti sui centri antiviolenza sul territorio. "Le istituzioni pubbliche e in particolare quelle scolastiche e le forze dell'ordine devono essere costantemente formate in modo da non sottovalutare i fatti di violenza".
"I femminicidi che si sarebbero potuti evitare, perché la vittima aveva denunciato il persecutore, sono di responsabilità di uno Stato che parla di sicurezza solo a fini propagandistici e non si occupa della prevenzione. Sono necessarie nuove case provvisorie di accoglienza per le donne vittime di violenza e per i loro figli e finanziamenti più significativi alle associazioni laiche che se ne occupano.
"Il 25 novembre non deve essere l’occasione per le istituzioni di farsi belle con discorsi retorici e inaugurazioni di panchine rosse. Il 25 novembre è un momento di lotta e di rivendicazione per tutte quelle soggettività che non possono più parlare. Perché non deve esserci una vittima di violenza di genere in più", rimarca Non Una di Meno.
Lo scorso anno scesero in piazza più di 1500 persone. "Ma nulla è cambiato - rimarcano - anzi l’attacco del governo e della destra al potere è frontale alle femministe e a inesistenti teorie gender. Tutto pur di non affrontare il problema alla radice con le misure necessarie che da anni e senza sosta continuiamo a chiedere: prima fra tutte l’introduzione di programmi di educazione sessuo-affettiva, relazionale e al consenso in ogni istituto scolastico".
Ieri ad Asti prima di Asti-Derthona il calcio ha giocato la sua partita più importante con un flash mob per dire no alla violenza sulle donne, organizzato insieme al Coni, che ha visto la partecipazione degli studenti dell'Istituto Vittorio Alfieri, per dire no alla violenza sulle donne, iniziativa sostenuta anche dalla Polizia di Stato, con il questore di Asti, Marina Di Donato, che considera questo momento uno dei più significativi tra gli appuntamenti in programma per la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Sempre ieri "Io non mollo..." con la Commissione Pari opportunità del Comune in piazza San Secondo.
Intanto Asti pensa di dedicare una via a Saadia, badante marocchina che il 9 ottobre 2017 venne uccisa in via Montebruno, ad Asti, dal marito col coltello da cucina, di quelli che, nel tempo, altri uomini hanno usato per recidere la vita delle donne. L'uomo è stato condannato a diciotto anni di carcere e su Saadia, che si faceva chiamare Saida e coltivava il sogno dell'indipendenza, è sceso il silenzio.
Ma non è tempo di dimenticare, almeno per i fratelli Carmela e Giovanni Boccia che conoscevano bene Saadia per aver accudito, con amore, la loro madre. Il ricordo di Carmela: "Per me lei era come una sorella, mi confidavo e ascoltavo i suoi consigli. Ma raccontava poco di sé. Le dicevo: 'Mi raccomando non andare per le strade buie, fai attenzione, guardati da chi non conosci'. E' morta in casa sua, per mano di uno che vedeva tutti i giorni" (QUI l'articolo)
Commenti