Ha chiamato i Carabinieri per allontanare i giornalisti appostati sotto casa sua, a Mellana di Boves. Non riesce nemmeno ad uscire per andare al lavoro. Una situazione esasperante, fa sapere il legale di Anna Lucia Cecere, la donna accusata di aver ucciso la giovane Nada Cella nello studio del commercialista per cui lavorava a Chiavari.
L’omicidio, ad oggi irrisolto e divenuto un ‘coldcase’ nazionale, occorse nel 1996, in via Marsala. La giovane, allora venticinquenne e che oggi avrebbe 53 anni, venne trovata in un lago di sangue nell’ufficio in cui lavorava. Per la sua morte, assieme ad Anna Lucia Cecere vennero indagati anche Marco Soracco, il titolare dello studio, e la sua anziana madre, Marisa Bacchioni. Madre e figlio furono sospettati di favoreggiamento e falso, ma le ipotesi di reato, per tutti e tre, finirono in un’archiviazione. Da quel giugno 1996, la famiglia di Nada Cella, non si diede pace.
Il caso venne riaperto nel 2021 dalla criminologa Antonella Delfino Pesce, che presentò alla Procura di Genova il suo lavoro. Un bottone ritrovato sulla scena del delitto, le testimonianze di chi forse aveva visto e sentito e ancora, alcune intercettazioni telefoniche e l’esame del computer allora in uso ad Anna Lucia Cecere avevano convinto il pubblico ministero Gabriella Dotto a riaprire il caso.
Per la Procura, il movente dell’omicidio sarebbe passionale: ecco perché, nella contestazione mosse alla ex insegnante di Mellana di Boves, è stata contestata l’aggravante del dolo d’impeto. Ma questa ricostruzione, nel marzo scorso, quando venne chiesto il rinvio a giudizio per tutti e tre gli imputati, risultò poco convincente per il gup genovese Angela Nutini, tanto da definire il quadro proposto dalla pubblica accusa come “insufficiente e, in alcuni aspetti, contraddittorio”.
Nella sentenza di quarantaquattro pagine con cui il giudice aveva pronunciato il non luogo a procedere nei confronti di tutti gli imputati, si legge che gli indizi raccolti non sarebbero “gravi, precisi e concordanti” e questo, scrive ancora il magistrato, renderebbe impossibile auspicare “ad una ragionevole previsione di colpevolezza” tanto da rendere il dibattimento “inutile”. Detto in altri termini, secondo la dott.ssa Nutini, sarebbe impossibile dimostrare, di fronte alla Corte d’Assise, che ad uccidere la giovane Nada Cella fosse stata davvero Anna Lucia Cecere. Tanto meno, rileva il gup, si sarebbe potuto sostenere la colpevolezza di Soracco e sua madre di aver “coperto” la ex insegnante.
Contro la pronuncia di primo grado, la Procura propose ricorso e nella giornata di ieri, mercoledì 20 novembre, la Corte di Appello di Genova si è pronunciata sull’impugnazione proposta con decreto. Tradotto, Anna Lucia Cecere, Marco Soracco e Maria Bocchioni andranno a processo di fronte alla Corte d’Assise.
Una decisione, quella presa dai giudici del Collegio di Corte d’Appello, di cui non si conosceranno mai i motivi, a differenza di quella di primo grado: il decreto di rinvio a giudizio, infatti, come previsto dal codice di procedura penale, non deve essere motivato come invece accade per una sentenza.
Di certo, quindi, c’è solo un omicidio irrisolto e il rinvio a giudizio dei tre imputati. La data della prima udienza a carico di Anna Lucia Cecere, Marco Soracco e la madre Marisa Bacchioni è stata fissata per il 6 febbraio 2025.
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