Un sogno diventato realtà per lo chef varesino Vincenzo Manicone, classe 1989 e tanta passione per la cucina. «Sono nato e cresciuto a Varese, ma ho sempre viaggiato per lavoro - racconta lo chef - Ho lavorato sei anni da Carlo Cracco (chef e personaggio televisivo), sono stato nelle Langhe per approfondire e studiare i vini e poi al ristorante "Villa Crespi" dello chef Antonino Cannavacciuolo a Orta San Giulio, in provincia di Novara».
Nel 2015 proprio il noto gigante della cucina italiana propose a Vincenzo di gestire il "Cannavacciuolo Cafè & Bistrot" di Novara, dove nel 2019 arriva la prima stella Michelin.
«L'anno scorso, poi, decisi di intraprendere un mio percorso, rimanendo in buoni rapporti con chef Cannavacciuolo, avviando una collaborazione con il ristorante Tancredi di Sirmione, in provincia di Brescia - spiega Vincenzo - In soli nove mesi siamo riusciti a ottenere una stella Michelin. Sono molto contento».
Ma quali sono i progetti futuri dello chef varesino? «Mi piacerebbe, magari fra dieci anni, tornare a Varese, ma la vita e il lavoro ti portano verso strade inaspettate. Ci vorrà del tempo».
Per quanto riguarda l'ottenimento di una terza stella Michelin, Vincenzo afferma: «Già essere arrivati a questo risultato è meraviglioso. Sicuramente continueremo a lavorare duramente e a fare del nostro meglio. Se poi il Gruppo Michelin ci vorrà premiare, ben venga».
Vincenzo Manicone, intanto, esprime la sua passione al ristorante Tancredi di Sirmione: «È una realtà in continua evoluzione, così come la cucina - racconta - Io sono uno chef che propone classici apportati al giorno d'oggi. La mia proposta si rifà molto alle tradizioni della mia famiglia, essendo di origini pugliesi e campane. Infatti, la maggior parte dei miei ingredienti sono mediterranei, anche per via dell'influenza che ho avuto al ristorante di Cannavacciuolo».
Sapori da esplorare, ma anche clienti da coccolare: «La sala è fondamentale: grazie ai ragazzi che ci lavorano e si impegnano duramente offre un servizio attento, professionale ma non troppo formale. Ci teniamo a far sentire i nostri clienti accolti» conclude così lo chef varesino.
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