“Con la loro iniziativa giudiziale, i miei assistiti hanno voluto evidenziare all’azienda sanitaria che, quanto successo non accada mai più. Considerati il fine più alto e soprattutto la perdita di una persona cara, ben poca rilevanza può avere il risarcimento liquidato in loro favore”. Sono le parole dell’avvocato Giovanni Giorgino, legale della famiglia che ha ottenuto dall’Asl 1 Imperiese 900mila euro di risarcimento (QUI), a seguito del decesso della congiunta, morta sette anni fa dopo un esame cardiologico ad Imperia.
“Alcune imprecisioni importanti – sottolinea il legale - rischiano di distogliere l’attenzione dei lettori e della stessa azienda da quegli elementi da noi valorizzati al Giudice e recepiti dalla sua sentenza. Non è intenzione dei miei assistiti infierire sull’operato dei sanitari, che valutano potenzialmente imperfetto come qualunque atto umano. La coronarografia è stata eseguita non durante un ricovero d’urgenza, ma era stata programmata mesi prima. È questa la prima delle contestazioni che abbiamo mosso all’operato medico: l’aver prescritto un esame estremamente invasivo e gravato da complicanze irreversibili senza che vi fossero particolari necessità di urgenza e tanto meno di emergenza, ovvero soltanto dopo una semplice visita cardiologica e un test da sforzo nonché senza aver prima aver proposto alla paziente degli esami strumentali per immagini meno invasivi e meno rischiosi”.
Un’altra contestazione mossa all’operato medico, quella di aver comunque proseguito l’esame coronografico malgrado l’arteria coronaria della paziente presentasse una conformazione anatomica che imponeva di interrompere l’operazione: “Quindi – prosegue il legale - l’aver adottato delle manovre operatorie incaute, causa diretta della lesione che poi ha condotto alla decesso della paziente”.
“L’interesse principale che anima i miei assistiti – termina l’avvocato Giorgino - è soltanto quello di evitare che sia dato risalto in modo non corretto a quanto è successo. Ogni loro iniziativa, infatti, è stata posta in essere affinché simili errori non vengano più commessi. Nessun importo risarcitorio può infatti valere la vita di una moglie, madre e nonna. Tuttavia, i miei assistiti sono fermamente (e comprensibilmente) convinti che la giustizia ottenuta dalla loro famiglia possa unirsi a tutte quelle iniziative finalizzate a migliorare la situazione della sanità italiana”.
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