Un uomo rock che parla con il cuore e un'intelligenza non comune e che, in 35 anni di carriera, con i Timoria e come solista, ha abbracciato temi importanti e delicati. Omar Pedrini questa sera sarà al Palco 19 di Asti per la chiusura della settimana di eventi Asti SìCura.
Un appuntamento di parole e musica con l'amica Chiara Buratti per riflettere e accarezzare l'anima e per affrontare il tema sicurezza sul lavoro, argomento cuore della settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. In questi giorni, ad Asti, 19 eventi in cinque giornate, hanno acceso un faro importante, su numeri che fanno paura.
Il tema sicurezza sul lavoro ti è particolarmente caro...
Sì, perché provengo da una famiglia di operai di tre generazioni, quindi i problemi del lavoro, della fabbrica sono sempre stati parte dei discorsi che sentivo in casa, parte delle mie preoccupazioni, parte del Dna di un lombardo, un lombardo di Brescia, una delle città più industrializzate, dove il tema del lavoro si sente in maniera molto molto forte.
Un paio di anni fa, hai detto la tua sul palco del concerto del Primo Maggio. Ha ancora senso quel "festeggiare"?
Ho proprio detto "non chiamatela più festa del lavoro perché da festeggiare non c'è niente", non si può morire per portare a casa uno stipendio, serve cultura della prevenzione, rispetto, formazione.
Questa sera una serata particolare, non solo musica ma anche riflessioni
Sì, ci sarà una prima parte dove io e Chiara chiacchieriamo un po' per approfondire il tema e, al termine col mio trio (Carlo Poddighe, Mr Octopus e Davide Apollo) e farò un mini concerto per i presenti. Alcune mie canzoni parlano di temi sociali e sceglierò una scaletta particolare con le canzoni più famose, sia dei successi dei Timoria che i miei, che riassumano 35 anni di carriera.
E, tra le canzoni che Omar offrirà alla platea (l'ingresso è gratuito), non mancherà Giorno per giorno, dedicata all'immane tragedia della Thyssenkrupp.
Sì, ho scritto una canzone che è la storia di un ragazzo che ha la moglie incinta, giovane, che decide di andare a lavorare in una grande fabbrica per cambiare la sua vita, per dare un futuro migliore alla sua famiglia, sogna la carriera di crescere e invece, al suo primo giorno di lavoro perdere la vita. Una storia drammatica ispirata alla Thyssen che mi ha segnato in modo particolare. Domani la farò live per la prima volta. La avevo cantata per i sindacati a Roma e anche in piazza Duomo a Milano. È una canzone, ecco, che faccio solo in momenti particolari e questa mi sembrava l'occasione giusta per farla per la terza volta.
Sei molto attaccato all'Astigiano, hai battezzato tuo figlio a Rocchetta, ci festeggi i compleanni...
È una terra che sento mia e la amo profondamente.
Recentemente, per motivi di salute hai salutato il rock. Ma vogliamo ricordare un grande uomo rock che è Massimo Cotto?
Massimo per me è stato un amico, un amico importante anzitutto. Un amico con il quale ho cementato l'amicizia con il rock. Quindi il fatto che lui amasse così tanto il genere, che io ho fatto per 35 anni, per tutta la mia vita di artista, ha unito ovviamente le nostre anime. Poi ho conosciuto la famiglia e sono quello che si dice un amico di famiglia, uno zio per Francesco. Una figura che amo ricordare non solo per l'amicizia, devo essere sincero, ma anche perché a Massimo dobbiamo la diffusione del rock. La sua era una delle voci giornalistiche rock più importanti d'Italia, ha aiutato molto anche tutto il nostro movimento. Certo. In Italia spesso si parla delle belle voci, ma si parlava molto di meno delle band. Poi dopo i primi dischi d'oro di Timoria e Litfiba, dimostrammo negli anni 90 che anche il rock poteva vendere tanti dischi e si è sbloccato qualcosa.
Una figura come Massimo è indimenticabile, da ragazzino ascoltavo Stereonotte alla radio, sentivo parlare dei gruppi che amavo, sembrava veramente, un'epifania e quindi ho amato Massimo ancora prima di conoscerlo.
La serata, a ingresso gratuito, inizierà alle 20.45.
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