Un tragico incidente sul lavoro quello che nel marzo 2019, presso lo stabilimento Sibelco di Robilante, costò la vita a Danilo Dalmasso, 42enne residente a Borgo San Dalmazzo. L'operaio, originario di Vernante, era ai comandi di una pala meccanica, impegnato a prelevare silicio da un cumulo piramidale di circa 30 metri di altezza per conto dell’azienda per cui lavorava, la Dovero Scavi di Borgo. Quest’ultima operava nel piazzale come appaltatrice della Sibelco, occupandosi di prelevare materiale e detriti dal cosiddetto "cumulo invernale". Dalmasso morì travolto da una frana di materiale durante una di queste operazioni.
Per far luce sulle eventuali responsabilità penali relativa alla morte di Dalmasso, sono finiti a processo i titolari delle due ditte, F.S. e E.D., rispettivamente per l’azienda di Robilante e per quella di Borgo, e insieme a loro W.C., dipendente della Sibelco con la mansione di ‘capo piazzale’. L’accusa di omicidio colposo è sostenuta dal sostituto presso la Procura della Repubblica di Cuneo Attilio Offman.
Nel corso dell’istruttoria, dopo aver ascoltato alcuni dipendenti delle ditte (LEGGI QUI) si sono confrontati i consulenti delle parti, l’ingegnere Oggeri per la Procura e i professori Manassero e Barla per le difese degli imputati.
Secondo quanto sostenuto dall’esperto nominato dalla pubblica accusa, il cumulo su cui Dalmasso stava lavorando sarebbe stato troppo alto e scosceso, e questo ne avrebbe determinato la frana (LEGGI QUI).
Di diverso avviso i professori Manassero e Barla, secondo i quali l’altezza del cumulo sarebbe stata ininfluente circa il tragico epilogo dell’incidente. Dalmasso, dal punto di vista degli esperti, avrebbe infatti avanzato troppo con la pala e, prelevando materiale con la benna del cumulo, avrebbe creato nicchie che a loro volta avrebbero causato la frana del materiale.
All’ultima udienza, F. S., il titolare della ditta Sibelco, e W.C., capo piazzale, hanno deciso di rilasciare spontanee dichiarazioni. “A mio avviso il rischio era stato valutato correttamente – ha iniziato a spiegare il titolare dello stabilimento -. Nell’estate 2017 ero il direttore. Le tre fasi della lavorazione più rischiosa, il possibile investimento di pedoni, il contatto degli arti con organi in movimento e, appunto, l’evento franoso con seppellimento dell’operatore, erano classificati come fasi a rischio elevato con punteggio quattro su quattro. Il rischio era stato individuato e valutato come elevato ed erano state prese apposite misure”.
Dopo F. S. è stata la volta di W. C.: “Dal 2014 sono supervisore di produzione nei reparti essicazione. Il mio lavoro consiste nel controllo visivo del buon funzionamento dei mezzi e delle bocchette. Io non sono mai intervenuto sulla gestione del cumulo che era stato dato in appalto alla ditta Dovero. A volte andavo sul piazzale, ma quano mi veniva chiesto di intervenire. La Dovero aveva procedure che prevedevano che i palisti allineassero il cumulo e mantenessero lo sguardo sul fronte in modo da individuare eventuali movimenti franosi. L'incidente si verificò di sabato, mio giorno di riposo”.
Alla prossima udienza, la discussione del processo.
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