Il Nazionale

Sport | 03 settembre 2023, 07:44

Zecchin, l'omino di Camposampiero: «Meravigliosa Varese, i tifosi erano la nostra forza e Sean una garanzia. La finale con la Samp? Era tutto scritto»

Il genio dal magico sinistro ai tempi della B è padre di due figli (Nicolò è, ovviamente, centrocampista, mentre Rachele pattinatrice): «Anche noi eravamo partiti da poche centinaia di tifosi al Franco Ossola, e poi fu l'apoteosi. Questa maglia merita tutto. La panchina biancorossa? Mai dire mai. Ora alla mattina lavoro da un amico e il pomeriggio alleno i miei ragazzi del Mestre, che mi danno grandi soddisfazioni»

Zecchin, l'omino di Camposampiero: «Meravigliosa Varese, i tifosi erano la nostra forza e Sean una garanzia. La finale con la Samp? Era tutto scritto»

Qualcuno raccontava che, strofinando la lampada, uscisse un omino da Camposampiero a risolvere le partite e a gonfiare la rete con il suo magico mancino su punizione e, perfino, su calcio d'angolo. Qualcun altro, dalla tribuna del Franco Ossola, urlava il suo nome aggiungendo molte "i" e molte "n", come per invocare il piccolo dio biancorosso capace di infilare il pallone dove e quando voleva. Qualcun altro ancora, sotto la neve della prima storica vittoria del Varese al Picchi di Livorno, lo vide emergere come un gigante sotto una bufera di neve, gli occhi infuocati, ad azionare l'indimenticabile rimonta.

Più semplicemente, Gianpietro Zecchin nasce a Camposampiero, provincia di Padova, il 5 maggio 1983, cresce nelle giovanili del Padova dove gioca per cinque anni, per poi passare al Sudtirol. Successivamente ecco il Grosseto e il Ravenna, da dove Sean Sogliano lo preleva nel 2009 per sostituire Grossi e portarlo a Varese, dove diventa uno degli eroi della scalata e della serie B, giocando in sei anni 192 partite e segnando 19 gol, uno più bello e decisivo dell'altro. Dopo la caduta dalla B e la scomparsa del Varese 1910, torna in Veneto dove termina di giocare nel 2018 nel Mestre prima di sedersi sulla panchina dei veneziani, dove tutt'ora è allenatore.

Zecco, ricordi di Varese e del Varese?
Periodo straordinario, meraviglioso. Ho trovato sin da subito un ambiente familiare, una città bella e accogliente, tifosi molto vicini alla squadra e "una società". Anche mia moglie si è trovata molto bene. È una zona molto bella, dove ci sono luoghi da scoprire unici e con panorami mozzafiato.

Hai ancora legami con la Città Giardino?
Certo, purtroppo per vari impegni non riesco a venire spesso. Sia io che mia moglie abbiamo intrecciato amicizie ancora vive. Mi ripropongo di venire presto in città a farmi un giro... ricordo certe pasticcerie del centro davvero speciali.

Tutto bello sotto il Sacro Monte... tranne l'ultimo anno.
Viste le molteplici problematiche della società, l'ultima stagione in B è stata vissuta sia da me che da tutta la squadra non in maniera positiva, poi mettici anche il mio infortunio alla caviglia... un vero disastro. Però sentivamo i tifosi vicini, sempre e comunque: era la nostra forza.
Nel calcio capita spesso che si rompa un momento magico come quello di Varese, con un ambiente unico e risultati straordinari.

Raccontaci come sei arrivato a Varese.
Sean Sogliano mi vide quando giocavo a Ravenna. Poi conoscevo Corti, che già era a Varese, e mi affascinava mister Sannino, così accettai la sfida. Sean era una garanzia.

Hai ancora contatti con lui?
Adesso che è Verona un po' meno, ma quando era al Padova ci vedevamo spesso anche per alcuni giovani che potevano interessare al Mestre e al Padova. Con Sogliano esiste un rapporto di grande stima sia professionale che umana.

Da mister, a quale allenatore che hai avuto ti ispiri?
Tutti mi hanno insegnato qualcosa e tutti mi hanno aiutato a formarmi sia come calciatore che come uomo. Adesso, a quarant’anni da padre di due meravigliosi figli,  Rachele e Nicolò, devo tenere unito al meglio lo spogliatoio e metto in pratica quello che ho appreso da loro, ma anche dai miei genitori.

Sei in contatto con alcuni tuoi compagni biancorossi di quel periodo?
Sì, certo: con Corti, Neto, Rea, Cacciatore, Bressan e Claiton.

Tuo figlio gioca al calcio?
È un centrocampista, gioca nelle giovanili del Padova e ha 12 anni: vediamo... Però deve pensare allo studio oltre che al calcio. Mia figlia invece fa pattinaggio artistico: è uno spettacolo ammirarla nei suoi movimenti.

Segue ancora il Varese?
Certo. Purtroppo in questi anni ha attraversato momenti difficili. Preferisco non entrare nel merito, voglio solo dire che la tifoseria si merita una squadra competitiva. Se ci sono risultati positivi, una buona squadra, un gruppo dirigente valido, gli appassionati vanno allo stadio: questo vale per Varese come per tutte le altre società calcistiche italiane. Anche noi inizialmente avevamo 400 persone al Franco Ossola e poi arrivò l'apoteosi… il calcio è cosi.

Rimpianti?
Beh, insomma... la partita con la Sampdoria sia a Marassi che ha Masnago è stata una bella esperienza, ma se fosse finita diversamente avrebbe cambiato tutto sia per Varese che per noi... ma come ripeteva spesso mister Sannino "era già scritto tutto" ed è andata cosi.

Che futuro ha il calcio?
Sono sintetico, non voglio troppo scendere nel tecnico: credo che la cosa principale sia dar fiducia ai giovani e andare a cercare talenti nei settori giovanili, farli giocare e farli crescere. L’amico Sean da questo punto di vista è un buon esempio.

È stato mai contattato dal Varese?
No, mai.

Le piacerebbe allenare i biancorossi?
Mai dire mai.

Cosa fa adesso Zecco?
Ho un carattere dinamico: devo essere sempre attivo, pertanto alla mattina lavoro da un amico, mentre al pomeriggio alleno il Mestre, con i miei ragazzi che mi danno sempre belle soddisfazioni.

Un ultimo desiderio.
Vorrei salutare tutti i tifosi biancorossi e abbracciare la città. Auguro al Varese di ritornare nella categoria che meritano i tifosi, il territorio e la sua storia.

Claudio Ferretti

Commenti