Il Nazionale

Cronaca | 29 maggio 2023, 07:39

“Un aiuto per la vaginoplastica di Sofia”: 17enne transgender genovese lancia una raccolta fondi

L'appello della giovane: "Sono cresciuta in un corpo che non è il mio, in Italia i tempi per la transizione sono biblici"

“Un aiuto per la vaginoplastica di Sofia”: 17enne transgender genovese lancia una raccolta fondi

Sofia è una ragazza transgender di 17 anni. Vive a Genova, città dove è nata e cresciuta in un corpo che non è il suo. Ora, dopo aver terminato la transizione ormonale, insieme alla sua famiglia lancia una raccolta fondi per permetterle di pagare le cure per la vaginoplastica in Thailandia, dove i tempi per l'intervento sono più celeri.

L'appello si trova sulla piattaforma gofundme. Lì Sofia racconta di aver già cambiato i documenti, ma i tempi per gli interventi chirurgici negli ospedali italiani, spiega: “sono biblici (abbiamo contattato l'ospedale di Torino e ci sono 6 anni di attesa), e la Asl non ci aiuta a causa di regolamenti troppo restrittivi in materia di anticipazione o rimborso”.

La scelta è quindi ricaduta sulla Thailandia: “Io e la mia famiglia abbiamo racimolato gran parte della cifra, ma ci mancano ancora 7000 euro per riuscire a raggiungere la mia serenità”, conclude Sofia, che al nostro giornale si racconta, spiegando come sia naturale la sua scelta di abbandonare un'identità di genere che semplicemente non è la sua.

Raccontaci la tua esperienza con la Asl.

E' stata particolare, sicuramente positiva per quanto riguarda il percorso di transizione ormonale, e le diagnosi di disforia di genere; sono stati veloci, abbiamo pagato solo i vari ticket, mentre le medicine, cioè gli ormoni, sono a carico loro. Al contrario, quando la somma è più elevata, cioè quando ci si deve operare, l’Asl rifiuta le richieste e lascia sole. Quando abbiamo presentato domanda all’Asl per un anticipo sull’intervento di vaginoplastica peno-peritoneale, effettuato in Thailandia in un centro di altissima specializzazione, l'esperienza è stata particolarmente negativa. Avevo presentato la domanda con opportuno preventivo, certificazioni mediche (sia della disforia, sia di gesti fatti a causa della disforia[…]) e una relazione dell’ospedale di Torino, unico vicino a noi e disposto tramite intramoenia con il chirurgo a fornirci una relazione sui tempi di attesa. Nonostante la presentazione di tanti fogli, anche alcuni in più di quelli richiesti, l’Asl ci ha rifiutato l’anticipo dicendo che ci sono altri centri in Europa dove si possono fare questi interventi. Il problema sono i costi e le tempistiche. Se io volessi procedere qui in Italia tramite Asl, ci vorrebbero circa sei anni di attesa, altrimenti andare tramite via privata, ci costerebbe molto di più della Thailandia, e senza l’assicurazione dell'anticipo”.

Perché sei ricorsa al crowdfundig?

Perché dovevamo trovare a questo punto i soldi che non ci dava l’Asl. Senza quelli non mi potrei operare e perderemmo i soldi già dati di caparra”. 

Quando hai maturato la decisione fare la transizione? 

Non mi sono mai vista in un corpo maschile, né allo specchio, né nella società come persona maschio. Così all’età di 15 anni, iniziai a maturare l’idea che questo corpo non fosse mio, e che dovevo trovare un mio corpo per iniziare a vivermi l’adolescenza mai vissuta a pieno a causa della mia sconosciuta disforia. Passai sei mesi a informarmi, leggere, alla fine provare cose come mettersi un paio di leggins, truccarsi e altre cose. Mi piacevo guardandomi allo specchio; da quel momento in poi, non ho mai più retrocesso sulla strada della transizione. Il 2 giugno 2021 ho fatto coming out con i miei genitori, il 9 giugno avevo la prima visita con lo psichiatra, il 29 novembre ho iniziato a prendere gli ormoni”.

Hai trovato il pieno appoggio della tua famiglia e dei tuoi amici?

Dalla mia famiglia sì, invece i miei vecchi amici mi abbandonarono piano piano, lasciando che la depressione causata dal vivere in un corpo non proprio mi assalisse da sola”.

A scuola come l'hanno presa compagni e insegnanti?

Avendo iniziato la terza con nuovi compagni, e con pochi di quelli vecchi, i nuovi mi hanno accettata e non ho mai avuto casi di transfobia nei miei confronti. Dai miei insegnanti ho avuto il pieno supporto e ho comunque preso anche confidenza con loro, infatti oggi ho dei rapporti fantastici con i professori della scuola e i vari collaboratori scolastici”.

Perché hai scelto il nome Sofia?

Perché semplicemente mi piaceva come suonava, il dolce suono che producono poche consonanti combinate a dolci vocali come la 'i' e la 'a'”.

Cosa pensi della situazione e dei diritti delle persone transgender in Italia?

Penso che le persone transgender, in Italia siano costantemente soggette a coming out forzati, almeno fino ai nuovi documenti. Infatti negli uffici pubblici è sempre un coming out forzato, o quando bisogna inserire il proprio nome in qualche documento, oppure, per esempio quando si sta aspettando per prelevare il sangue, e i dottori in sala urlano il tuo deadname e il cognome. Quelle sono situazioni decisamente sgradevoli. Per non parlare della transfobia che dilaga tra giovani e anziani, senza ovviamente risparmiare gli adulti. Ma io penso che comunque la mia e le generazioni future, si stiano evolvendo verso una mentalità più aperta e priva di stereotipi o comunque più aperta a imparare cose nuove. Un altro diritto molte volte assente, è quello della carriera alias, molti studenti ne vengono privati e quindi si trovano costretti a vivere una vita scolastica terribile, ai limiti dell’abbandono. Inoltre, in molte città i tempi di attesa per le diagnosi e le terapie possono arrivare ad anni e costare anche di più, a causa delle molteplici visite da fare. Tutto questo può segnare una persona transgender nel profondo, perché vedere l’obiettivo sempre più lontano, fa favorire pensieri non molto belli”.

Francesco Li Noce

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