Varese-Napoli è finita ormai da più di mezz’ora. Gli spalti sono vuoti, il campo è pieno: persone scese dalle tribune a occupare quel rettangolo teatro di emozioni fino a pochi istanti prima, tantissimi ragazzini, altrettanti bambini.
In mezzo a loro spuntano, come funghi in mezzo a un prato appena rasato, Guglielmo Caruso, Justin Reyes, Giancarlo Ferrero e Tomas Woldetensae: sorridono, firmano autografi, si prestano alle foto. La coda che culmina a loro è la stessa delle mattine in tangenziale.
È stata una festa di popolo oggi a Masnago. Come sempre, più di sempre. È che Varese gioca - e oggi ha raggiunto il massimo - in modo talmente gratificante e spettacolare che viene voglia a tutti di toccare con mano, di vedere da vicino, di abbracciare chi si diletta a dispensare quelle gioie che sono obiettivo e sogno per chiunque esca di casa decidendo di spendere tempo e soldi dentro a un palazzetto.
E allora tutti in campo, tutti in coda, tutti a ringraziare: così si fa con i ragazzi della porta accanto che nel proprio cuore diventano più importanti di una star di Hollywood.
Verrebbe voglia, perché tifosi qui lo siamo un po’ anche noi, proseguire sull’onda della retorica, del pathos, del bello che scoppia dentro e ti inonda. Ma non faremmo un gran servizio, anche perché le emozioni più belle sono quelle intime. Meglio andare sull’oggettivo, meglio scrivere di numeri. E di pallacanestro.
Varese-Napoli è stata la serata dei record: punti segnati (106), punti subiti (79), gap accusato dagli avversari (27 punti), rimbalzi (49 dopo i 45 di Brindisi), assist (27).
Varese-Napoli è stata la partita in cui, dopo Brindisi, si è vista la miglior difesa della stagione. Che non si traduce, e non si tradurrà mai, in pochi punti totali segnati in assoluto dagli avversari (posto che 79 non sono per nulla tanti) ma in quegli “stop” giusti da piazzare al momento giusto, magari a corroborare e non a disfare un break edificato tramite le magie offensive. Abbiamo in mente almeno tre o quattro azioni con sincronismi difensivi perfetti, nelle quali il cambio è arrivato puntuale, la rotazione pure, l’aiuto idem, nelle quali i cinque varesini si sono mossi come una sola creatura, arrivando ovunque gli avversari abbiano deciso di andare o di far viaggiare il pallone.
Chi per mesi, pur nella scioglievolezza provata ad ammirare il bello offensivo, ha agognato una retroguardia migliore non era solo un guastafeste: anche la Varese più corsaiola della storia deve imparare a difendere bene. Mettetevelo tutti in testa. E chiederlo non è una critica, fa anzi parte del sogno: con un attacco del genere e una difesa che sa il fatto suo, beh… sky is the limit…
Il limite è il cielo: vale lo stesso se Owens fosse sempre quello di stasera o di Brindisi. Se cresce anche lui, il valore della Openjobmetis aumenta in modo esponenziale. Oggi è stato uno dei migliori in campo, in un match a lui congeniale per velocità e altezze. Quindici punti, 12 rimbalzi, 3 schiacciate e altrettante stoppate, ma non è solo questo, è molto di più. È il cadere sempre meno spesso in errori di posizionamento o disattenzione, è capire il gioco e farne parte.
Quanto sarebbe bello arrivare un giorno a scrivere che ci siamo davvero sbagliati sul suo conto: forse siamo sulla strada giusta.
Varese-Napoli è stata la partita in cui si è capito quanto i biancorossi abbiano sofferto il mese e mezzo vissuto in contumacia Reyes. E lo abbiano fatto senza lamentarsi, semplicemente cercando (ma non sempre riuscendo) di colmare la falla come potevano. Con lui è tutta un’altra storia: davanti, con il tiro che ha, i movimenti che fa e la sua atipicità; e dietro, dove fa valere peso, centimetri, atletismo e rimbalzi. La Napoli del doppio lungo, con lui presente, non ha fatto assolutamente male. E chissà quanto male in meno avrebbero fatto Pesaro e Tortona…
È finita la prima parte del cammino. Nove vittorie, sei sconfitte, qualificazione alla Coppa Italia, spettacolo assicurato una domenica sì e l’altra pure. I complimenti - per tutti - vanno a una persona in particolare.
A Michael Arcieri, che ha scelto le pedine di uno scacchiere che funziona a meraviglia, dimostrando che non sono solo i soldi a fare la differenza: al livello economico di Varese, conta molto di più la conoscenza. Questa non è più la squadra fatta dagli agenti, un tanto al chilo: questa è la formazione scelta da chi ha davvero in mano il mercato.
E poi a Brase e a Galbiati, ovvero il coraggio di proporre un basket che è anche un po’ un’idea di vita. Scriveremo ancora di loro, per adesso vale questa grande verità.
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