Era il 4 maggio quando Alessandro Maja, all'interno della sua abitazione a Samarate, ha tolto la vita alla moglie e alla figlia in un raptus di follia. Una strage dalla quale si era salvato solo il figlio, Nicolò. Dopo un mese di terapia intensiva e altri tre passati in ospedale, finalmente è tornato a casa e ieri ha iniziato la riabilitazione.
Nonna Ines e la cugina Annalisa hanno raccontato le difficoltà di questi mesi e il ritorno a casa di Nicolò: «Siamo contenti, abbiamo fatto quattro mesi ad andare ogni giorno in ospedale fino a Varese, non è stato facile» raccontano. Anche per Nicolò sono stati mesi difficilissimi, ma ora è felice di essere tornato a casa, come detto dalla nonna: «Lui è molto contento dopo quattro mesi chiuso in ospedale. Ieri ha iniziato la riabilitazione: non è facile per lui, fa fatica a muovere tutta la parte sinistra del corpo».
Ma Nicolò va avanti, vuole tornare a vivere, nonostante le terribili domande su quanto accaduto quella maledetta notte di maggio non trovino ancora risposta, come raccontato dalla cugina Annalisa e da nonna Ines: «Ha un carattere incredibile, forte, che non pensavamo. Non l’abbiamo mai visto scoraggiato, si è posto delle domande ma non abbiamo le risposte. Chi può dargliele è qualcun altro». E quel qualcun altro è proprio suo padre, l’unico che può sapere perché ha compiuto un gesto folle quanto sanguinario.
Eppure manca ancora qualcosa a Nicolò: tutte le sue cose, un pezzo del suo mondo. La casa di Samarate è infatti ancora sotto sequestro, come ha raccontato nonna Ines: «La casa è chiusa, dicono che dovrebbe sbloccarsi qualcosa a ottobre. Lui ha a casa tutte le sue cose, non ha il suo telefono, i suoi vestiti. E' uscito da quella casa in pigiama e ha solo quello, non possiamo prendere le sue cose. Adesso il nostro pensiero è che Nicolò si rimetta e poi verrà tutto il resto. Ma più passa il tempo più uno si fa mille pensieri. E la consapevolezza di quanto accaduto diventa sempre più impossibile da sopportare».
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