Il Nazionale

Cronaca | 29 maggio 2022, 09:45

Strage di maiali sani in Liguria, mentre i cinghiali scorrazzano nei centri abitati: il paradosso

Gli effetti surreali dell'ordinanza della Regione guidata da Toti per contrastare la diffusione dell’epidemia di peste suina africana

Strage di maiali sani in Liguria, mentre i cinghiali scorrazzano nei centri abitati: il paradosso

Sul colline di Stella Corona il signor Usai guarda sconsolato due antiche cascine usate come stalle, oggi deserte.

“Sono venuti il 20 gennaio e mi dicono: ‘Deve chiudere i maiali o se no deve costruire una doppia cinta’. Rispondo: ‘Vabbè li chiuderò dentro le cascine’. Dopo tre giorni tornano e mi dicono: ‘Deve abbattere i maiali’. Chiedo: ‘Come abbattere i maiali?’. Rispondono: ‘Decreto ministeriale!’. Dico: ‘Ditemi dove li posso portare!’. Rispondono: ‘Li può macellare anche in casa. Diciannove maiali corrispondono a 50 quintali di carne: cosa me faccio di 50 quintali di carne? Rispondono: ‘Eh trovi qualche macellaio…’. Una parola! Erano due mesi che cercavo un mediatore per vendere un po' di castrati, ma nessuno li voleva. Alla fine siamo riusciti a venderli sottocosto a un macellaio di Sassello”.

Fra le ‘lingue’ d’Italia solo il sardo sa dare a un’arrabbiatura una dimensione quasi omerica. In bocca al signor Usai, acquista accenti liguri (o piemontesi) solo quando parla di soldi. Emigrato in Liguria dal Cagliaritano negli anni ’70, Usai non ha mai smesso di produrre ottimi formaggi di pecora e di allevare anche i suini che ha dovuto abbattere, perfettamente sani, per obbedire a un decreto che vorrebbe prevenire il diffondersi della peste suina nei grandi allevamenti della Lombardia e dell’Emilia.

“Vede, noi non possiamo competere con gli allevamenti intensivi - dice Usai - un maiale mangia 10 kg di mangime per fare 1 kg di carne. Un sacco costa 47 euro. Vuol dire che dovrei vendere la carne a 4 euro e 70. Per il maiale che ho venduto al macellaio ho preso 90 centesimi! Prima della peste valeva 1 e 80 e i rimborsi promessi dalla regione non li ho ancora visti”. 

“Macellazione immediata dei suini detenuti all’interno degli allevamenti familiari per autoconsumo previa visita clinica pre e post mortem da parte del servizio veterinario delle Asl (revocate le limitazioni del numero di capi suini macellati per uso familiare) e divieto di ripopolamento per 6 mesi”. Così il testo dell’ordinanza della Regione Liguria che vorrebbe contrastare la diffusione dell’epidemia di peste suina africana. E che è da subito attirato una pioggia di critiche miste a stupore. 

In Liguria, dove gli allevamenti di maiali sono poche decine, il decreto appare come uno vero paradosso perché, mentre gli allevatori sono costretti ad abbattere maiali sani, la regione è letteralmente invasa dal principale vettore dell’epidemia: frotte di cinghiali che girano indisturbati anche nei centri urbani compiendo raid fra i cassonetti dell’immondizia. Quello fotografato nel centro di Roma mentre fa una pennica su un materasso abbandonato è diventato il beniamino di  tutti coloro che abitano in campagna, perché, dicono, è l’unico che ha portato (fisicamente) il problema all’attenzione del governo. Roberto Giannecchini ha deciso di lanciare l’allarme anche a nome di Confabitare, l’associazione dei piccoli proprietari immobiliari: “Ci siamo sempre occupati dei problemi delle aree interne – dice – e del loro rilancio. Ebbene, nelle zone collinari, sta diventando impossibile coltivare gli orti specie in quelle irregolari, che qui in Liguria chiamano bric e fossi, dove è difficilissimo istallare le reti interrate che, in teoria, dovrebbero fermare i cinghiali. Per non parlare degli imprevisti che aspettano chi incontra un branco anche solo uscendo di casa”. 

Su una collina di Sassello, dove il sole non tramonta mai e dove passeresti ore a leggere Tolstoi ascoltando il vento, l’ex-sindaco di Albisola Superiore Franco Orsi mi mostra una rete robustissima, ancorata ad enormi pali di castagno, divelta in più punti.

“Il cinghiale è incontenibile – dice - non c’è rete che tenga. Io ho una recinsione di 1000 metri e stanotte hanno aperto tre varchi. Ho una rete da 2,5 mm sorretta da pali da 16 cm e interrata per 30 cm. Qui intorno c’è qualche lupacchiotto. Un cinghiale di 90 kg braccato da un lupo se prende la rete a 30 all’ora, la solleva o tira giù il palo. Questo entroterra inoltre è diventato attrattivo per il suo ambiente e per le sue produzioni locali. Non si può pensare di distruggere l’attrattività di un territorio mettendo reti ovunque.  Un campo di grano cintato da una rete metallica sarebbe mai stato dipinto dagli impressionisti? Perché chiudersi?”. 

La Regione eroga un contributo per acquistare cani anti-cinghiale come i maremmani e i pastori del Caucaso, ma, dice Giannecchini, “conosco un pastore che ha 100 pecore e ti dice 'non entrare nel recinto perché è vero che questi cani tengono lontani lupi ma devono stare attenti anche i cristiani'...”. 

“ Non ho mai smesso di fare running, anche nella foresta – racconta una giovane veterinaria che lavora in un allevamento di Pontinvrea – e pochi giorni fa incontro un branco di almeno 30 cinghiali. C’erano due femmine coi piccoli che mi hanno caricato. Non ho mai corso così veloce in vita mia”. 

Alto, forte e baffuto, Pastorino Paolo di anni 47 potrebbe essere scambiato per un biker o per un compagno di frate Toc  invece è un allevatore che insieme a un fratello e a una sorella, porta avanti l’azienda del nonno, producendo carne e salumi. “Ho dovuto abbattere 30 maiali – racconta - tutti sani e che non avevano mai avuto nessun contatto con i cinghiali. Mi aspettavo che dopo l’abbattimento facessero qualche test per vedere se ce n’era qualcuno malato invece niente. Per fortuna siamo riusciti a vendere la carne. Il problema è per il futuro. Siamo costretti a lavorare maiali importati e abbiamo i cinghiali sulla soglia di casa”.

“Esiste una normativa ligure – spiega Franco Orsi – che consente agli agricoltori di richiedere alla regione una speciale autorizzazione per poter sparare a difesa dei raccolti, ma in provincia di Savona ne è stata data solo una a fronte di centinaia di richieste. C’è un approccio burocratico. Un cinghiale che entra nell’orto e distrugge il lavoro di una famiglia non può essere toccato. Nel 2001 un iscritto di Coldiretti di Albenga sparò a un cinghiale in una serra (dove può fare danni per decine di migliaia di euro) e poi si è autodenunciato senza avere alcuna conseguenza penale. Nel ’91, in una situazione di fauna selvatica in riduzione e con 3 milioni di cacciatori, la legge 157 prevedeva che la caccia potesse essere esercitata solo sull’incremento della specie. Il problema è che il cinghiale è molto prolifico e se mangia bene spesso fa due cucciolate. Nel frattempo i cacciatori si sono ridotti a 750.000 e, anche se è vietato, tendono ad alimentare gli animali. Intendiamoci: il cinghiale c’era dall’epoca romana ma negli anni ’50 è quasi scomparso perché la gente se lo mangiava. Piaccia o non piaccia c’era anche un equilibrio con la natura: nell’entroterra si raccoglievano le castagne e si faceva il cinghiale arrosto. La perdita di terreno coltivabile ha moltiplicato il bosco e quindi l’habitat del cinghiale, che oggi trova molto più cibo nei castagneti abbandonati”. 

L’entroterra ligure ha un clima ideale per piantare mais, grano, segale e avena – produzioni rese vitali con la guerra in Ucraina – ma è impossibile coltivarli perché se di giorno fai l’agricoltore, la sera devi fare il bracconiere. Presenza dei cinghiali che hanno raggiunto la più alta densità d’Europa: 40 o 50 animali ogni 100 ettari. Dieci volte i numeri del Belgio o di altri paesi europei. 

“Il paradosso - dice Giannecchini - è che chi dà inizio a un’azienda agricola, da una parte viene sostenuto a livello regionale con contributi sino al 40% a fondo perduto, e dall’altra non si fa nulla per garantire che il prodotto sia remunerativo e finisca sulle tavole dei liguri e non in pasto ai cinghiali. A Sassello hanno messo delle gabbie per i cinghiali ma alcuni amici mi dicono che i cinghiali nelle gabbie non entrano”. Chiedo : “Siamo sicuri che il commissario e la Regione stiano facendo abbastanza per affrontare il problema della peste suina? Solo ora si parla degli abbattimenti…”. “E’ un fatto che da gennaio, dal primo caso di peste suina a Ovada a oggi non si è fatto nulla in 5 mesi – risponde Orsi - Il Piemonte ha annunciato gli abbattimenti il 27 marzo, la Liguria il 2 di aprile. A oggi non è stato abbattuto nessun cinghiale e si sono obbligati tutti gli allevatori ad abbattere maiali sani ! Nei 114 comuni dell’area infetta di peste suina si sono abbattuti 4000 maiali sani e nessun cinghiale. Fare il 'vuoto sanitario' come in Belgio e Repubblica Ceca ha un senso insieme ad altre azioni sull’animale che porta il virus. Qui si ammazzano i maiali sani, in una logica di prevenzione,  ma non si fa nulla sull’animale che porta il virus che essendo erratico lo porterà altrove. L’Unione Europea prescrive una serie di cose che l’Italia non ha fatto compresa la riduzione dei cinghiali e noi ci beccheremo una procedura d’infrazione. Già ora è scattato un parziale divieto di esportazione dei semilavorati di carne di maiale. Se diventasse totale immaginate la filiera del San Daniele del Prosciutto di Parma! CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) ha calcolato che potrebbero esserci danni per 2 miliardi e 200 milioni di euro. Già oggi il salame Sant’Olcese non è fatto con maiali allevati in Liguria”. 

Perché non sono stati fatti gli abbattimenti? Perché il cinghiale abbattuto va smaltito come rifiuto speciale: deve essere messo in una cella frigorifera (che costa 100.000 euro) trasportato in un mezzo per rifiuti speciali (60.000-70000 euro) e poi incenerito a 500-600 euro a capo. Rispettando le procedure un piano di abbattimento di 40.000 cinghiali costerebbe come una finanziaria. Oltre a  ciò in provincia si Savona non ci sono né i mezzi né le celle frigorifere sufficienti. 

“Se i cinghiali devono essere abbattuti e non possono esser consumati – dice Franco Orsi – dovremmo fare come in Belgio (Paese che ha sconfitto la peste suina) e cioè autorizzare l’interramento. Se infatti è vero che l’epidemia ha una mortalità del 95%, vuol dire che su 10.000 cinghiali contagiati, 9500 moriranno sul terreno, nei fiumi o nelle falde. Se li abbatto per contenere il contagio devo prevedere un impatto sull’ambiente inferiore a quello che comporta la malattia, e cioè interrarli, come hanno fatto Belgi e Cechi. La direttiva europea prevede la possibilità dell’interramento profondo: un escavatore, una buca di 2 metri e un po’ di calce. E una soluzione emergenziale per un problema emergenziale, ma è soprattutto una responsabilità che deve prendersi il commissario. Anche perché ha i poteri per farlo”. 

Mimmo Lombezzi

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