Il Nazionale

Cronaca | 29 maggio 2022, 17:50

Anziana affidata alle loro cure abbandonata tra i suoi escrementi: appello riforma condanne per due donne di Savigliano

Nel settembre 2015 il sopralluogo della Polizia Locale che accertò le gravi condizioni di degrado nelle quali la novantenne, proprietaria di beni per milioni di euro, viveva nel suo alloggio di piazza Sperino

Anziana affidata alle loro cure abbandonata tra i suoi escrementi: appello riforma condanne per due donne di Savigliano

Pene parzialmente ridotte nel processo di secondo grado concluso presso la Corte d’Appello di Torino in parziale riforma delle condanne che il Tribunale di Cuneo pronunciò nel maggio 2018 nei confronti di due donne residenti a Savigliano, imputati a vario titolo in un processo istruito per appropriazione indebita, abbandono di incapace e maltrattamenti commessi nei confronti di una donna novantenne residente in città, Maria Giusiana Adelaide, affidata alle loro cure sino al settembre 2015 (la donna sarebbe mancata pochi mesi dopo) mentre questa, allettata da anni, viveva nel suo appartamento di piazza Sperino 1.

Il processo di primo grado aveva preso le mosse da un sopralluogo compiuto dalla Polizia Locale saviglianese presso l’abitazione della donna il 4 settembre 2015, su segnalazione di un terzo soggetto. Particolarmente degradato il contesto che ne era emerso, così descritto dai giudici nel capo d’imputazione: "La donna quasi centenaria e impossibilita a deambulare veniva sistematicamente lasciata da sola, totalmente al buio nel letto all’interno del proprio appartamento (…). Come alimenti le venivano somministrati esclusivamente vasetti di yogurt mentre le venivano somministrate quotidianamente, senza alcuna prescrizione medica giustificativa e quindi senza alcuna ragione terapeutica, compresse di Tavor da 1 mg", cosicché "la donna, sia a causa dell’età che della impossibilità a deambulare che dello stordimento indotto dal suddetto farmaco giaceva perennemente nel letto dove consumava i pochi alimenti che le venivano forniti" e "dove svolgeva i propri bisogni fisiologici senza che nessuno si preoccupasse di condurla in bagno o di verificare le sue più elementari necessità".

All’intervento degli agenti della Polizia Locale "la donna veniva ritrovata in stato di preoccupante magrezza, nuda dalla vita in giù, con le unghie dei piedi non tagliate da anni, il materasso intriso di urina e infestato da numerosi vermi, i capelli sporchi e completamente annodati, le coperte sottostanti completamente marce". Veniva "altresì rinvenuta pipì attorno al letto, escrementi per terra, in parte calpestati, piatti con posate e residui di cibo, nonché escrementi, insieme a barattoli di yogurt Fruttolo".

"Pessime – si legge ancora nella ricostruzione dei giudici – le condizioni igienico sanitarie dell’alloggio, dove veniva ritrovata sporcizia diffusa, sacchi di immondizia non rimossa da tempo, la cucina in condizioni fatiscenti, il frigorifero in uno stato desolante, la vasca da bagno otturata da pezzi di lenzuola intrisi di urina ed escrementi, le luci parzialmente non funzionanti e cavi elettrici che bloccavano la finestra della camera da letto impedendone l’apertura".

Da qui le condanne inflitte in primo grado nei confronti della 67enne A. M. R. e della 49enne S. L, entrambe residenti a Savigliano – difese rispettivamente dagli avvocati Enrico Gallo e Tomaso Giraudo del foro di Cuneo, e dall’avvocato Davide Ambrassa, anche lui del foro di Cuneo – a due anni di reclusione con la sospensione condizionale della pena per i reati di abbandono di incapace e maltrattamenti nei confronti dell’anziana donna, mentre un terzo soggetto, veniva assolto per non aver commesso il fatto.

La prima, insieme a un congiunto, era stata rinviata a giudizio anche per il reato di appropriazione indebita perché, in concorso tra loro e al fine di procurarsi un ingiusto profitto, "si appropriavano di somme ammontanti a svariate migliaia di euro" e a gioielli per un valore di circa 12mila euro appartenenti alla stessa anziana, donna particolarmente benestante intestataria di 25 terreni e 11 fabbricati per un patrimonio immobiliare stimato in 3,3 milioni di euro, nonché titolare di un patrimonio in denaro detenuto in vari istituti bancari per quasi mezzo milione di euro, gestito dal padre di A. M. R., defunto prima del processo e quindi stralciato dallo stesso, attraverso la delega di firma presso vari istituti bancari.

Delitti rispetto ai quali, questi ultimi, il giudice cuneese Marcello Pisanu aveva disposto il non doversi procedere in quanto improcedibili per mancanza di querela.

Ora la decisione che la Corte d’Appello di Torino ha pronunciato lo scorso 10 maggio, assolvendo le due donne dal reato di maltrattamenti ("perché il fatto non sussiste") e riducendo invece le pene comminate per quello di abbandono d’incapace a un anno e 4 mesi di reclusione per A. M. R. e a mesi 6 di reclusione per S. L.
I giudici d’appello hanno anche revocato la condanna delle imputate al risarcimento del danno alla parte civile Chiara Giusiana e ridotto a 5mila euro (da 10mila) l’importo del risarcimento disposto in primo grado in favore dell’associazione "Mai + Sole", costituita anch’essa come parte civile col patrocinio dell’avvocato albese Silvia Calzolaro.

Commenti