«Mi avevano affidato il ragazzo perché aveva un problema comportamentale. L’avevo conosciuto a scuola nel 2017, ero la sua insegnante di sostegno. Il progetto era quello di fargli fare ‘due anni in uno’. Lui era già stato bocciato e i suoi compagni erano più piccoli. Sapevo che lui era un anno più grande della sua età anagrafica perché il padre, nel suo paese di origine, l’aveva registrato all’anagrafe un anno dopo. Il primo rapporto intimo lo abbiamo avuto nell’estate del 2018. Io non ero più la sua insegnante. Ho sbagliato».
E’ proseguito con queste dichiarazioni il procedimento penale in corso presso il tribunale di Cuneo, dove una professoressa è imputata di abuso sessuale e stalking ai danni di un suo ex alunno, minorenne, allievo di una scuola media del Saluzzese.
La denuncia venne presentata dalla madre del minore quando la situazione, a suo dire, divenne anomala. Gli accordi presi inizialmente con la docente prevedevano che il ragazzo andasse a casa dell’insegnante durante le vacanze di Natale per studiare: «Veniva da me quattro ore a settimana. Poi prendeva il bus e tornava a casa», ha riferito l’imputata. Ma poi, a detta della madre, il figlio si sarebbe trattenuto anche fuori dall’orario delle ripetizioni. «Una sera non è rientrato e mi sono preoccupata – raccontò la madre –. Non rispondeva al cellulare. Era spento. La professoressa mi ha detto di averlo accompagnato alla fermata del bus, poi che era con amici e gli avrebbe parlato per convincerlo a tornare. Ho continuato a chiamarlo. Alla fine gli ho scritto un messaggio dicendo che sarei andata dai Carabinieri. Mi ha risposto la professoressa dal proprio cellulare, ha detto che era con lei, ma non voleva tornare a casa».
A far luce su quei rapporti era stata la sorella del giovane, che trovò sul cellullare del fratello alcune foto osé della professoressa e dei messaggi: «Nelle chat lei lo chiamava 'amore' o 'cucciolo'. Le foto sono del 2018».
«Io non ero innamorata di lui – ha proseguito l’imputata –. Forse ho calcato un po’ la mano per fagli sentire la mia vicinanza. Ero affezionata e non volevo prendesse una brutta strada. Lui mi ha raccontato il suo passato. Erano storie strazianti. Io l’avevo davvero preso a cuore. Quando abbiamo iniziato ad avere rapporti intimi era luglio. A giugno ero stata spostata di plesso, dunque non sapevo più nulla. Lui mi aveva telefonato per dirmi di essere stato bocciato e di aver superato solo un anno su due. Voleva incontrarmi. Quando l’ho rivisto ho trovato più deciso e più adulto. Tentò un approccio fisico e io, sbagliando, mi lasciai andare. Ci vedemmo altre volte. Lui spesso mi chiamava per avere dei passaggi o perché gli dessi dei soldi. Di solito si trattava di 5 o 10 euro, ma poi arrivò a chiedermene 300 e io glieli negai. Gli avevo regalato una felpa e un cappellino. Il cellulare che mostrò agli amici in realtà era un prestito perché lui mi disse che era rimasto senza e che la madre non poteva comprargliene uno nuovo».
Le foto che poi vennero trovate sul cellulare del giovane non sarebbero risalite all’inverno 2018, ma a detta dell'insegnante all’anno successivo: «Era aprile del 2019. Lui voleva vedermi, diceva che gli mancavo e insisteva per avere qualche mia foto. Mi aveva promesso che sarebbero rimaste tra noi. E io gliele ho mandate. Ho sbagliato».
La prossima udienza è stata calendarizzata al 7 settembre prossimo per iniziare l’ascolto dei testimoni della difesa della donna, gli avvocati Nicola Dottore e Luca Mondino.
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