Il Nazionale

Cronaca | 13 gennaio 2022, 11:50

Processo Tenda Bis: condanne in primo grado per tutti gli imputati

La Procura contestava furti in cantiere di materiali ferrosi al fine di rivenderli come scarti di lavorazione. Al Comune di Limone Piemonte, parte civile, assegnati 100mila euro di provvisionale a carico dei condannati e della Grandi Lavori Fincosit

Processo Tenda Bis: condanne in primo grado per tutti gli imputati

Si è chiuso stamane con una sentenza di condanna per tutti gli imputati il procedimento penale in corso al Tribunale di Cuneo, sdoppiatosi in due tranche, ove una parte, quella che riguarda la presunta violazione dei reati più gravi, è finita al palazzo di giustizia Bruno Caccia di Torino.

Il “troncone cuneese” verte su contestati furti di alcune basi d’appoggio, tecnicamente “centine”, che avrebbero dovuto essere destinate alla realizzazione della galleria Tenda Bis. La serie di sottrazioni ha comportato il rinvio a giudizio del direttore tecnico A. F., i capi cantiere G. A. e A. P. e gli operai L. M. e N.D.R., tutti dipendenti della Grandi Lavori Fincosit. Parti civili nel procedimento, L’Anas e il comune di Limone Piemonte.

LA SENTENZA
Il direttore tecnico A.F., il capocantiere A.P., gli operai L.M. e N.D.R, accusati di furto, sono stati condannati a 4 anni di reclusione e al pagamento di 1000 euro di multa; G.A., capocantiere, la pena è di 3 anni e 2 mesi di reclusione, oltre a 600 euro di multa. A.F., A.P. e L.M. dovevano altresì rispondere di detenzione illegale di materiale esplosivo. Il giudice li ha condannati ad 1 mese e 15 giorni di reclusione. Per A.F., ritenuto responsabile di violazioni ambientali derivanti dallo smaltimento dello ‘smirino’, il giudice ha quantificato una pena in 3 mesi di arresto. Per tutti gli imputati è stata irrogata la pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici per una durata di 5 anni. Al Comune di Limone Piemonte, costituitosi parte civile, verranno assegnati 100mila euro di provvisionale a carico dei condannati e della Grandi Lavori Fincosit. Altri danni sono da quantificare in separato giudizio.

LA FASE DELLE INDAGINI                                                                             Tutto iniziò nel maggio del 2016, con il sequestro del cantiere di Limonetto. La Guardia di Finanza di Cuneo, ricevute alcune segnalazioni che riguardavano una presunta rivendita di gasolio e materiali da costruzione da parte di alcuni addetti della ditta appaltatrice per il raddoppio della galleria Tenda, iniziò una corposa indagine investigativa. Attraverso intercettazioni, pedinamenti e perquisizioni, si è appreso che le “centine” sarebbero state rivendute dopo essere scaricate sul cantiere di Limone Piemonte. Sugli atti di indagini, stando ai soli carichi tracciati dalla Gdf, si tratterebbe di una ri-vendita, dunque un ammanco, di circa 212mila tonnellate di materiali ferrosi con un guadagno di circa 23mila euro. Il periodo preso in considerazione va dal gennaio 2014 al maggio 2017. Si ritiene però che il guadagno possa essere superiore al 100mila euro, in quanto la rivendita sarebbe stata effettuata tutta in nero per 850 euro a tonnellata. Gli ammanchi, secondo la tesi difensiva, sarebbero solo degli scarti di lavorazione.

LA PROCURA CHIEDE LA CONDANNA
Ad aprire la requisitoria del Procuratore Onelio Dodero, un quesito: “Perché sono state ordinate sempre più centine di quelle che in realtà servivano? Perché dovevano essere subito smaltite e non, semmai, accantonate e utilizzate in un secondo momento?” Con queste parole il p.m. ha sostenuto la sua accusa, sottolineando come il ferro venisse caricato sul camion “nascosto sotto al mucchio di rifiuti”. Ancora, il Procuratore ha evidenziato nella sua requisitoria che un carico del 27 ottobre 2017 doveva ritardare il viaggio in discarica, perché la Guardia di Finanza, in quel momento, controllava le strade. 

“Il dato di fatto è che si è risparmiato, tranne l’Anas che ha pagato tutto. Il cantiere del Colle di Tenda è un cantiere particolare, perché è successo di tutto-ha continuato sarcasticamente il pm- .Come ha riferito l’operaio L.M. agli inquirenti: ‘vedevo che erano tutti materiali stoccati sul cantiere e che dopo poco non c’erano più. Più di una volta mi è capitato di lamentarmi perché mi mancava il ferro. Nessuno teneva il conto delle centine smaltite’. Non si è rispettata assolutamente la disciplina, eppure si sostiene essere stato tutto lecito.”

Questa la conclusione dell’accusa che ha portato a chiedere la condanna di tutti gli imputati: per il capocantiere A.F. 7 anni e mezzo di reclusione, oltre al pagamento di 3100 euro di multa per i reati di furto e detenzione illecito di materiale esplosivo, più 3 mesi di arresto per le presunte violazione ambientali derivate dallo smaltimento dello smarino; per i capi cantiere, cui è contestato solo il furto, G.A. e A.P. rispettivamente 4 anni e mezzo di reclusione oltre a 900 euro di multa e 5 anni e 4 mesi di reclusione 1700 euro di multa; per gli operai (furto e detenzione di materiale esplosivo) L.M. e N.D.R. rispettivamente 4 anni e mezzo di reclusione e 900 euro di multa e 5 anni di reclusione e 1500 euro di multa.

LE RICHIESTE DELLE DIFESE                                                                          A seguire, le richieste delle parti civili, Anas e il comune di Limone Piemonte, quantificate rispettivamente in 20mila euro di provvisionale in caso di condanna e di 400mila euro di risarcimento danni per ciascuno anno di blocco del cantiere (a partire dal maggio 2017). Secondo l’arringa difensiva dal legale di A.F., l’avvocato Andrea De Carlo, non si può parlare di furto di ferro perché il materiale che non veniva usato in cantiere, era da considerarsi rifiuto.  Come riferito dall’ingegnere per gli acquisti della Fincosit, il cantiere sarebbe stato completamente autonomo nella gestione dei rifiuti. “Il punto non è che il ferro fosse vecchio o nuovo, è che non è stata fatturata la vendita -ha sostenuto l’avvocato-. La società Grandi Lavori Fincosit non si è costituita parte civile e non ha presentato nessuna querela per quanto accaduto. In sette mesi di intercettazioni non sono emersi contatti tra A.F. e chi smaltiva il ferro, fino a quando avendo notato irregolarità nella documentazione sul trasporto dei rifiuti, chiese lui stesso a un consulente esterno di verificare tutti i documenti”. Il difensore Andrea De Carlo ha chiesto l’assoluzione per insussistenza del fatto o perché non costituisce reato e in caso di riqualificazione come appropriazione indebita, il non doversi procedere per mancanza di querela.

Ad associarsi alle conclusioni, anche conclusioni anche l’avvocato Naccarato per A. P., evidenziando la totale mancanza di intercettazioni o di incontri con i collettori da parte del suo assistito.

A discutere in aula anche i difensori Verra e Racca per N.D.R., L.M. e Mureddu per G.A. che hanno chiesto l’assoluzione dei loro assistiti. Per N.D.R., la procura aveva chiesto una condanna a 5 anni e 6 mesi di reclusione per furto di ferro e detenzione illegale di esplosivi: “Il mio assistito aveva solo aiutato a caricare le centine -ha sostenuto l’avvocato Verra-. Era una questione di spazio. Quello era materiale di scarto, non importa se ferro nuovo e vecchio, era semplicemente inutilizzato e in un cantiere di montagna, dove manca lo spazio, andava smaltito. Neanche una volta N.D.R. è stato sentito parlare di vendita di ferro, ma è stato lui a riferire agli inquirenti che più volte gli è mancato il ferro per proseguire i lavori. Mi è stato insegnato che per questi reati serve l’elemento soggettivo, la volontà di procurarsi profitto arrecando danno ad altri, io non trovo questa volontà. Ha solo dato una mano una volta a caricare le centine.” Per ciò che concerne la contestazione della detenzione illegale di esplosivi “Un capo d’accusa generico su cui lo stesso gip aveva chiesto l’archiviazione per il dubbio che il materiale esplosivo si trovasse in territorio francese, dove vige un’altra legislazione. Lì non si devono tenere i registri. Sul cantiere c’erano tre operai, i ‘fochini’: addetti alla conservazione e utilizzo del materiale esplosivo a cui L. M. si limitava a indicare quanto esplosivo utilizzare e dove piazzarlo in base al lavoro programmato” ha sostenuto l’avvocato Racca.

A chiedere la piena assoluzione, anche l’avvocato Mansueta Mureddu per G.A., capocantiere fino al 2015. I lavori hanno proceduto in due fasi: “G.A. non c’entrava nulla con le centine -ha sostenuto il legale-. Lui doveva decespugliare le zone del cantiere, predisporre il piazzale per carico e scarico, demolire i vecchi edifici della dogana, un lavoro che prevedeva lo smaltimento del ferro vecchio, l’unico tipo di ferro di cui si è occupato il mio assistito e per il trasporto del quale si era intestato una fattura. Fino al 2016 la società non si interessava minimamente del ferro da buttare perché non era rifiuto speciale e pericoloso”.

CharB.

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