C'è anche un torinese tra le tre persone fermate per la strage del Mottarone. Si tratta dell'ingegnere Enrico Perocchio, insieme a Luigi Nerini, amministratore delegato della Ferrovie del Mottarone, la società che gestisce la funivia e Gabriele Tadini. Tutti e tre sono stati condotti in carcere a Verbania questa mattina all'alba dopo una notte di interrogatori serrati.
Gli inquirenti hanno accertato che "la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso” e che hanno commesso "un gesto materialmente consapevole dettato da ragioni economiche. L’impianto avrebbe dovuto restare fermo".
A spiegare le ragioni del fermo il procuratore della Repubblica, Olimpia Bossi, spiegando che sulla cabina precipitata è stata inserito il cosiddetto "forchettone", ovvero il dispositivo che consente di disattivare il freno, e non è stato più rimosso.
Secondo i pm il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni, che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainante, non è stato rimosso al fine di "evitare disservizi e blocchi della funivia. Il sistema presentava delle anomalie e avrebbe necessitato un intervento più radicale con un blocco se non prolungato consistente".
Nel corso delle indagini serrate di questi due giorni è ambiata anche l’ipotesi di reato: all'omicidio colposo si è aggiunto l’articolo 437 del codice penale, che punisce con una condanna fino a dieci anni la rimozione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, aggravate se da quel fatto deriva un disastro. Nelle prossime ore a carico dei tre fermati sarà chiesta la convalida del fermo e l'applicazione di una misura cautelare.
I tre fermi disposti nella notte sono "uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti che abbiamo svolto", ha sottolineato il procuratore Olimpica Bossi. "Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l'esito fatale", ha aggiunto.
Entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, la funivia del Mottarone "era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi", ha affermato ancora Olimpia Bossi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, dalla ripresa del servizio l'impianto presentava delle "anomalie". Problemi presenti "anche prima, quando la funivia veniva attivata solo per manutenzione o servizi che non comportavano il trasporto dei passeggeri". Poi, quando le misure anti-Covid sono state allentate e si è tornati alle attività normali, "questi incidenti si sono verificati con cadenza se non quotidiana comunque molto frequente. Erano stati richiesti ed effettuati interventi tecnici per rimediare ai disservizi, ma non erano stati risolutivi. Così si è pensato di rimediare".
Le indagini non sono finite. E non solo perché, con l'intervento dei tecnici, sarà necessario confermare quanto emerso dai primi accertamenti. La procura di Verbania intende infatti "valutare eventuali posizioni di altre persone".
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