«Voglio rimanere a Varese e non cambiare ancora vita per i prossimi tre/quattro anni come è invece accaduto negli ultimi. Se Toto Bulgheroni pensa che io possa essere utile ad aiutare la società in qualche modo, ci metteremo a un tavolo e ne parleremo».
È questo il passaggio centrale dell’intervista rilasciata a VareseNoi e all’Ultima Contesa da Luis Scola. Un passaggio nel quale il campione argentino conferma la possibilità che il suo matrimonio con la Pallacanestro Varese possa proseguire fuori dal campo, qualora decida di interrompere al termine di questa stagione (e dopo le Olimpiadi di Tokyo) il suo percorso agonistico ultra ventennale.
A precisa domanda sul suo futuro, Scola ha risposto: «Non è importante che io continui o meno a giocare. Lo è, invece, che Varese abbia un progetto a lungo termine. Io sono stato in tanti posti del mondo e 10 anni in NBA e ho un modo di pensare cosa sia la pallacanestro e come si gestisca una società professionistica diverso rispetto a quello che hanno qui: non dico a Varese, intendo proprio in Europa e in Italia. È normale che sia così. Se quello che penso, quindi, dovesse allinearsi con quello che pensa la società, allora potremmo parlare volentieri».
Scola ha voluto ovviamente pesare le parole sull’argomento («Sono ancora un giocatore, non abbiamo parlato di un progetto»), ma la realtà è che qualche interlocuzione sul futuro con i massimi dirigenti di Pallacanestro Varese c’è già stata. Nessun dettaglio, nessun nero su bianco: propedeutica a questi ultimi dovrà essere la decisione di smettere di giocare: «La mia carriera l’ho fatta e non è fondamentale che io giochi un anno in più o uno in meno - ha dichiarato ancora il lungo - Fra tre settimane avrò 41 anni: se non smetterò quest’estate, sarà la prossima». E in un altro passaggio: «Potrei avere davanti un mese da giocatore…»
E allora ritorna la stessa domanda dell’estate scorsa, solo che diretta lontano dal parquet: perché proprio Varese? Tra le tante ragioni, tra cui il solido e sentito rapporto venutosi a creare tra l’argentino e Toto Bulgheroni, c’è la storia della Pallacanestro Varese, l’autentica molla che spinse Scola nove mesi fa a preferire quella prealpina ad altre corti e che oggi lo spingerebbe al desiderio di contribuire a ravvivare i fasti del passato. E Luis lo avrebbe già confidato a taluni: sarebbe bello approntare un progetto che riporti, nel giro di qualche anno, Varese tra le prime squadre in Italia. E poi oltre.
Che ruolo potrebbe avere il quattro (quasi cinque) volte olimpionico? È presto per dirlo, ma tutto è possibile: dal general manager - in una struttura che comprenda l’intero complesso societario - all’ambasciatore. E viene spontaneo sognare il mondo di non banali opportunità che si aprirebbero con il coinvolgimento di un professionista che ha girato il globo terraqueo cestistico da protagonista, soprattutto a livello di contatti, commerciali e non.
«Caja? Un rapporto normale»
Nei trenta minuti di intervista con l’Ultima Contesa - interamente dedicata alla sua esperienza varesina - sono stati tuttavia anche tanti altri i punti toccati. Dal rapporto con l’esonerato Caja («Il rapporto che avevo con lui era molto simile a quello che ho ora con Bulleri. Nessuno della società mi ha chiamato in causa nella decisione di esonerarlo») alle critiche ricevute («È normale che i tifosi siano negativi quando le cose vanno male ed è importante il loro pensiero. Quello che conta di più, però, è ciò che pensa chi vive dentro l’ambiente e quello che facciamo quotidianamente»), dalla convivenza con Egbunu («Prima c’era disequilibrio, ora le cose con lui vanno molto meglio: John è fortissimo») all’affetto nei confronti dello sport della sua vita: «Il basket mi ha fatto diventare la versione migliore possibile di me stesso».
Ecco l’intervista integrale
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