Cirio contro Conte. Dadone contro Cirio.
Bongioanni contro Dadone. 5 Stelle contro Bongioanni.
Per non parlare delle astiosità, nemmeno troppo velate, tra il presidente della Regione e il suo assessore alla Sanità o dei veleni in corso nel gruppo regionale della Lega dove, tra il consigliere regionale novarese Riccardo Lanzo e l’assessore Luigi Icardi, sono volati insulti da ballatoio.
Medici, infermieri, malati, artigiani, commercianti, piccoli e grandi imprenditori, uomini e donne che in queste settimane faticano a fronteggiare una situazione di inaudita gravità (molti già tribolano a mettere insieme il pranzo con la cena), assistono, attoniti, alla gazzarra politica in corso.
In 70 anni di storia, quando pure gli scontri politici non mancavano, nei momenti gravi, nelle “ore buie”, il Paese ha sempre cercato di affrontare le emergenze con una sostanziale unità, superando (almeno momentaneamente) le divaricazioni ideologiche.
Perché non è più possibile?
Perché non si riesce a cogliere nemmeno un flebile sforzo in questa direzione?
Perché si gioca a rimpiattino con lo scaricabarile delle responsabilità tra Governo e Regione e addirittura nell’ambito delle stesse coalizioni?
Perché la maggioranza giallo-rossa del Governo nazionale non cerca un coinvolgimento – per quanto possibile – con l’opposizione?
E perché il centrodestra non riesce ad andare oltre le scontate contestazioni avanzando concrete proposte che inchioderebbero l’esecutivo costringendolo a prenderle in considerazione?
Una politica autoreferenziale, ossessionata dai sondaggi, non riuscirà mai ad offrire ad un Paese piegato e piagato quelle risposte che possono arrivare solo a fronte da un grande impegno corale.
L’emergenza sanitaria che stiamo attraversando prima o poi finirà ma – piaccia o no – non lascerà le cose come le ha trovate.
Compresa la “politichetta” di questo Anno Domini 2020.
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