“Non pensate che quando tutto sarà finito ed avremo penosamente concluso la conta dei nostri morti, quel calcio che oggi sembra di non capire la gravità della situazione - fermo com’è a non guardare neppure un pelo più in là della recinzione del proprio orticello - avrà non solo perso credibilità ma avrà anche stancato molti dei suoi appassionati?”.
Ce lo chiede, con un messaggio, un nostro lettore.
Risposta: si, lo pensiamo.
Sono molte le cose che rischiano di rompere quel giocattolo con il quale ci siamo divertiti, appassionati ed anche infervorati sinora.
Fra tutte anche il mancato accordo fra Associazione Italiana Calciatori e Lega di serie A sulla questione della decurtazione degli ingaggi dei calciatori, con i club che chiedono la sospensione di quattro mesi di pagamenti e con il sindacato dei calciatori guidato da Damiano Tommasi che ne propone invece uno soltanto. Con lo stipendio di marzo diventato un ostacolo insormontabile, perlomeno per l’oggigiorno.
Spieghiamo. Sull’accordo collettivo c’è scritto che uno stipendio deve essere pagato entro il giorno 20 del mese successivo. Parlando di quello di marzo, la scadenza è fissata entro il 20 aprile. Trascorsi 20 giorni, un calciatore può spedire una raccomandata al Club di appartenenza chiedendone la messa in mora. Si arriva così al 10 maggio. Se il Club non paga entro il 30 maggio, un calciatore può svincolarsi.
Nei giorni scorsi l’Assocalciatori ha chiesto di procrastinare il termine del 30 maggio a fine giugno e la Lega che marzo non venga pagato.
Una divergenza di opinioni non da poco, non certo marginale, che ha consigliato di rinviare il previsto summit fra le parti.
Che dovrebbe – ma il condizionale è d’obbligo - svolgersi entro fine settimana.
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